giovedì 26 giugno 2014

Patologie Oculari nel Cane Anziano

Oggi proseguiamo il discorso sulla terza età nel cane e nel gatto iniziando a parlare più nello specifico delle problematiche mediche legate all’invecchiamento. Anche in campo veterinario, così come in medicina umana, le patologie sono affrontabili da un punto di vista specialistico: iniziamo con il parlare di oftalmologia.
L'avanzare dell'età, tanto negli animali quanto nell'uomo, porta a cambiamenti a livello organico considerabili normali (fisiologici). Oltre ad essi esiste tutta una serie di patologie a cui cane e gatto possono andare più facilmente incontro in quanto “anziani”. Gli occhi, le palpebre e l'apparato lacrimale non fanno eccezione in questo processo di invecchiamento. Patologie oculari e problemi di vista sono situazioni frequenti nei cani e nei gatti anziani e, a volte, possono addirittura portare alla perdita completa della capacità visiva, influenzando sensibilmente sia le abitudini quotidiane del nostro animale che la gestione da parte del proprietario.
Esistono malattie oculari evidenti a tal punto da essere notate con facilità dai proprietari stessi che possono così rivolgersi al veterinario con una tempistica veloce rispetto all'insorgenza del problema. Altre volte, invece, i segni di patologia oculare risultano più subdoli e l’animale può arrivare alla cecità senza che il padrone se ne sia accorto. I cani e gatti, infatti, possiedono un'elevata capacità adattativa che li porta a sviluppare maggiormente gli altri sensi (olfatto e udito) per compensare il calo di vista: ecco spiegato il perché molti animali, se pur ciechi o ipovedenti, sono in grado di muoversi con assoluta disinvoltura nel proprio ambiente.
Per questo motivo è importante abituarsi ad osservare con attenzione il comportamento del proprio amico a quattro zampe, soprattutto quando invecchia, in maniera tale da poter cogliere ogni minimo campanello d'allarme di problematiche oculari. Un ottimo banco di prova è rappresentato dall'esterno o dagli ambienti nuovi: qui l'animale con problemi di vista tende a muoversi in maniera più guardinga, a manifestare disagio o,addirittura, ad andare contro ostacoli imprevisti. Occorre tenere presente inoltre che alcune patologie iniziano con una difficoltà di visione in particolari momenti della giornata: in questi casi si noterà, ad esempio, maggiore difficoltà nella visione durante il crepuscolo o di notte.
In altri casi le problematiche oculari sono una conseguenza di una patologia sistemica ovvero che colpisce tutto l'organismo. Un classico esempio è la cataratta diabetica, una patologia indubbiamente di interesse oculistico ma che deve essere affrontato anche e soprattutto da un punto di vista internistico. Per questo motivo il medico veterinario che si occupa di oftalmologia, soprattutto con pazienti anziani, non deve mai limitarsi alla semplice visita oculistica ma ha il dovere di eseguire anche una approfondita visita generale (dalla punta del naso alla punta della coda!), senza tralasciare indizi che possano ricondurre ad una malattia più generalizzata.
Molte sono le patologie che possono colpire le diverse strutture dell’occhio durante la terza età, elencheremo di seguito le principali e nei prossimi articoli, verranno trattate in maggior dettaglio:
  • Palpebre: neoformazioni, ectropion senile.
  • Cornea: cheratite superficiale cronica, cheratocongiuntivite secca.
  • Uvea: cisti iridee, neoplasie, uveiti, atrofia iridea.
  • Cristallino: cataratte, lussazione della lente, atrofia senile del cristallino.
  • Retina: atrofia progressiva della retina, emorragie retiniche, processi inifiammatori.
A cura della  Clinica Veterinaria Borgarello

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Urea e Creatinina


Oggi affrontiamo un nuovo capitolo riguardante gli esami biochimici: parleremo di urea e creatinina ovvero dei parametri di funzionalità renale.
I reni rappresentano, per dirla in maniera molto semplificata, gli organi deputati alla “raccolta differenziata” dell'organismo. A livello renale infatti, attraverso processi complessi, si ha l'eliminazione mediante urina delle sostanze di “scarto” del metabolismo (cataboliti) nonché il riassorbimento di quelle “riutilizzabili” (insulina, ormone della crescita, glucosio, elettroliti). Se questo non avviene in maniera corretta il risultato è una vera e propria “autointossicazione” dell'organismo che, nei casi più gravi, può portare a morte. Oltre a questa funzione “depurativa”, i reni giocano un ruolo importante nel regolare il volume dei fluidi circolanti e nella modulazione della pressione sanguigna. Infine a livello renale viene prodotta la cosiddetta eritropoietina, sostanza fondamentale per la produzione dei globuli rossi.
L' urea e la creatinina, abbiamo già detto, rappresentano i parametri mediante cui si può valutare la funzionalità renale; viste le fondamentali funzioni svolte dai reni, capiamo bene perché questi due “marker” rientrino praticamente in ogni esame biochimico, da quelli di base (ad esempio in corso di check up o controlli pre-operatori) a pannelli più complessi, sfruttati per diagnosticare la maggior parte delle patologie.
L' urea viene formata nel fegato a partire dall'ammoniaca in processi che rientrano nel metabolismo delle proteine pertanto la dieta influenza la sua quantità nell'organismo. Dal fegato, attraverso il circolo sanguigno, la maggior parte è liberamente filtrata ed eliminata dai reni. Qui il passaggio dal sangue ai tubuli ovvero nell'urina avviene in maniera passiva e bidirezionale: se aumenta il flusso d'urina, diminuisce la concentrazione di urea nel sangue.
L'aumento di urea a livello di circolo ematico viene definito azotemia ed è ciò che si va ad indagare con gli esami biochimici. Tale condizione, infatti, è associata a numerose patologie, da cui la schematica suddivisione in azotemia: pre-renale, renale e post-renale. Nel primo caso la causa è imputabile a malattie che determinano una diminuzione del flusso ematico a livello dei tubuli renali, quindi una minore eliminazione di urea. L'azotemia renale, invece, è legata a problemi di funzionalità intrinseca ai reni stessi; quella post-renale, infine, è solitamente causata da problemi ostruttivi a livello del tratto urinario.
La creatinina viene formata per la maggior parte a livello del fegato e trasportata al muscolo scheletrico dove diviene fosfocreatinina: rappresenta, infatti, la principale riserva energetica ad alto contenuto di fosfato nell'ambito del metabolismo muscolare. Essa diffonde nel sangue ad un tasso relativamente costante in proporzione alla massa muscolare e viene liberamente filtrata dai glomeruli renali. Il suo aumento nel circolo ematico, analogamente a quello dell'urea, è generalmente causato da patologie che alterano la filtrazione a livello glomerulare (pre-renali), da gravi patologie renali (renale) o da fenomeni ostruttivi che ostacolano l'emissione dell'urina (post-renale). La sua concentrazione non viene invece influenzata dalla velocità del flusso urinario né dai numerosi fattori metabolici che influenzano l'azotemia. Le indicazione sul suo utilizzo sono comunque analoghe a quelle dell'urea.
Nel prossimo articolo parleremo dei marker di funzionalità epatica. .
Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello
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Patologie Endocrine nel Cane Anziano

Continuiamo a parlare di invecchiamento nel cane e nel gatto affrontando una branca molto ampia della medicina interna che è l'endocrinologia.
Questa disciplina sia in campo umano che veterinario si occupa di studiare le ghiandole e le sostanze da loro prodotte: gli ORMONI, molecole che esercitano il loro effetto legandosi a dei recettori specifici nell'organismo.
Nel cane e nel gatto le patologie di natura endocrina possono avere diverse cause:
-produzione insufficiente di ormoni
-produzione eccessiva di ormoni
-sintesi difettosa degli ormoni
-resistenza all'azione degli ormoni
-anomalie nel trasporto degli ormoni
La diagnosi di queste patologie non è sempre facile in quanto non è possibile, a parte alcune eccezioni, eseguire un esame diretto delle ghiandole interessate.
Importantissimi per il veterinario risulteranno quindi:
-anamnesi ed esame clinico che permetteranno di “scovare” e individuare i quadri caratteristici di alcune patologie
-esami di laboratorio anche dinamici che permettono una volta formulata un'ipotesi diagnostica di confermarla e intraprendere una terapia specifica
-diagnostica per immagini che grazie a tecniche quali l'ecografia, la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica permette di visualizzare ghiandole che non possono essere esplorate direttamente.
Le patologie endocrine sono tipiche degli animali adulti-anziani ma alcune di esse possono colpire anche i giovani o essere presenti dalla nascita.
Alcune hanno una predisposizione di razza o di sesso, altre possono colpire indistintamente ogni animale.
Le patologie che nella pratica clinica giornaliera vengono riscontrate con maggiore frequenza sono:
-il DIABETE MELLITO sia nel cane che nel gatto, dovuto a una disfunzione del pancreas
-l'IPERTIROIDISMO nel gatto e l'IPOTIROIDISMO nel cane, dovuti a una disfunzione della ghiandola tiroide
-i TUMORI TESTICOLARI
Nell'ambito del nostro percorso sulla terza età dei nostri animali approfondiremo le patologie più frequenti cercando di fornire al proprietario degli spunti utili per notare i campanelli dall'allarme” che possono far sospettare una patologia endocrina.

Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello.

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Cura dei Denti nel Cane Anziano

La cura dei denti dei nostre amici a quattro zampe è cruciale per la loro salute generale; è importante occuparsene fin dai primi anni di vita e diventa fondamentale quando il nostro cane o gatto comincia a diventare anziano.
I problemi più comuni riguardano la formazione e l'accumulo di placca e tartaro. La saliva, le proteine, i batteri e le particelle di cibo si combinano e formano la placca. Questa tende ad aumentare se viene lasciata sui denti. I minerali contenuti nella saliva trasformano poi la placca in tartaro, un deposito duro e giallastro che si accumula attorno alle gengive. Il tartaro può irritare le gengive ed essere causa di gengiviti e stomatiti, che sono solo l'inizio del disturbo parodontale. Fenomeno che può facilmente sfociare in una vera e propria malattia del parodonto. Come dicevamo precedentemente questo disturbo può diventare una questione molto seria quando i nostri amici invecchiano. I batteri e le tossine aggrediscono il dente, l'osso, la gengiva e il tessuto connettivo attorno al dente, causando anche infezioni molto serie e in alcuni casi persino la caduta del dente.
Inoltre i batteri che causano l'infezione, se entrano in circolazione, possono anche diffondersi nei polmoni, nel fegato, nei reni e nel cuore, causando serie patologie sistemiche che possono compromettere irrimediabilmente la salute del nostro cane o gatto.
Non meno importante da segnalare è il fatto che le patologie del cavo orale e dei denti, sono molto dolorose; ciò provoca inevitabilmente una riluttanza all'alimentarsi e uno stato di malessere generale, che può manifestarsi con depressione, apatia e in alcuni casi aggressività.
I segni di un eventuale problema alla bocca possono essere individuati dal veterinario durante le visite generiche che vengono effettuate in occasione della vaccinazione annuale o durante i normali controlli di check up. Una prima ispezione può però essere effettuata dal proprietario, ecco alcune cose che vanno tenute d'occhio:
  • Depositi gialli e marroni sulle gengive
  • Difficoltà nel mangiare
  • Gengive gonfie e sanguinanti
  • Alito cattivo. I cani e i gatti possono avere un alito cattivo per varie ragioni, perciò non bisogna pensare che l'alito cattivo sia un sintomo trascurabile.
Per prendersi cura dei denti dei nostri amici è necessario mantenere una buona dieta e spazzolarli regolarmente. Usare lo spazzolino è più facile se si abitua il cane o il gatto quando è ancora un cucciolo, ma, soprattutto il cane, tende ad abituarsi al trattamento a qualunque età.
Non bisogna usare alcuna pasta dentifricia formulata per gli esseri umani, gli animali non amano la schiuma e può disturbare il loro stomaco. Esistono dentifrici pensati specificamente per loro. Sono più sicuri e il gusto che hanno piacerà molto di più al cane.
A seconda delle dimensioni dei denti e della bocca del cane potresti riuscire ad usare uno spazzolino normale. Vi sono comunque degli spazzolini speciali che sono più adatti alle tue dita e rendono l'operazione molto più semplice.
Si dovrebbero spazzolare i denti almeno una volta alla settimana, certo farlo tutti i giorni sarebbe l'ideale.
Come alternativa allo spazzolamento vi sono dei cibi, in formulazione secca, per cani e gatti, specificamente ideati per ridurre il tartaro e per evitare l'insorgere di malattie periodontali. O esistono degli snack definiti, pulisci denti, che sono un'alternativa divertente per agevolare l'eliminazione di placca e di residui di cibo.
Se però si è di fronte a una situazione ormai cronica, lo spazzolamento o l'alimentazione adatta possono non essere più sufficienti e diventa quindi fondamentale programmare una visita specialistica, nella quale vengono individuati i vari problemi dentali. Sarà in quel caso necessario effettuare una detartrasi in anestesia generale e in quella sede valutare la possibilità di estrazioni o cure dentali.
Mantenere i denti dei nostri animali in buone condizioni è fondamentale per la sua salute generale e per garantire loro una situazione di benessere soprattutto con il passare degli anni.

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lunedì 23 giugno 2014

Proiezione DAR: Displasia dell’Anca nel Cane

Passiamo ora a parlare di un indagine radiografica considerata avanzata: la proiezione DAR. Questa proiezione fornisce moltissime informazioni e va effettuata per valutare attentamente soggetti con predisposizione a forme evolutive di displasia e/o per valutare il trattamento più indicato da intraprendere in caso di displasia.
Vediamo in cosa consiste: è una radiografia in cui il cane viene posizionato in modo che i raggi colpiscono il bacino longitudinalmente in modo da mettere in evidenza il bordo acetabolare dorsale.
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Questa è la parte dell’acetabolo in cui si appoggia la testa del femore quando il cane è in piedi o cammina. Cerchiamo ora di capire come si misura e cosa significa l’angolo DAR.
Con questo studio otteniamo un numero che indica l’angolo DAR. L’inclinazione del DAR si calcola tracciando la tangente all’acetabolo nel punto di contatto più laterale con la testa del femore e misurando l’angolo che si forma con il piano orizzontale.
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Radiografie di un soggetto normale. Le fraccie in rosso indicano come viene effetuata la misura del DAR.
I valori ottenuti possono indicare una situazione normale con un DAR minore di 7,5° e un margine laterale netto, vanno invece considerati patologici gradi maggiori di 7,5°. Gradi molto maggiori (15 – 30°) con margini laterali arrotondati e/o erosi sono da considerare gravemente patologici.
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In queste immagini si può vedere una situazione grave in cui il DAR di sinistra è completamente eroso, mentre quello di destra presenta un angolo DAR molto elevato
L’angolo DAR indica la tendenza a far scivolare verso l’esterno la testa del femore: più alto è l’angolo maggiore sarà la tendenza a far scivolare verso l’esterno la testa del femore. Aumenter quindi la spinta alla sublussazione con aumento della lassità articolare e precoce erosione del margine laterale .
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Queste due radiografie mostrano un paziente con le anche entrambe sub-lussate e margini acetabolari dorsali completamente appiattiti: situazione estremamente grave.
I dati forniti da questo studio, associati ai dati rilevati dalle indagini standard, consentono di emettere una corretta prognosi e di scegliere l’intervento più indicato.
L’esecuzione di questo studio radiografico richiede oltre all’esperienza dell’operatore una tecnica radiografica ineccepibile: negli ultimi anni con l’avvento della radiologia digitale la lettura di questi radiogrammi è migliorata di molto.
 
Articolo a cura della, Clinica Veterinaria Borgarello
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L’organismo della Cagna in Gravidanza

Durante la gravidanza l’organismo materno subisce dei cambiamenti dovuti alla presenza di nuove vite che si sviluppano e crescono con esigenze particolari.

Le prime modificazioni che si verificano sono quelle di tipo ormonale.
PROGESTERONE. E’ un ormone importantissimo per il mantenimento della gravidanza, e la sua produzione nella cagna è compito esclusivo dell’ovaio, mentre nella gatta alcuni autori ipotizzano venga prodotto anche dalla placenta ma solo in piccolissime quantità. La sintesi del progesterone da parte del corpo luteo (ciò che resta del follicolo dopo il rilascio dell’ovulo) è stimolata da altri due ormoni: LH e prolattina al secondo mese di gravidanza.
Con il progredire della gestazione si ha un aumento del tasso di progesterone che diminuisce gradualmente in prossimità del parto.
ESTROGENI. Sono molto bassi nella prima metà della gravidanza, mentre aumentano a fine gestazione dove determinano uno sviluppo del tessuto mammario.         
PROLATTINA. Questo ormone sembra essere alla base del comportamento materno come la costruzione del nido ed è anche coinvolto nel meccanismo della lattazione. La sua concentrazione aumenta gradualmente nell’ultimo periodo di gravidanza e in particolare si registrano due picchi: uno poco prima del parto e uno durante l’allattamento dei piccoli.
RELAXINA. Questo ormone viene secreto dall’unità feto-placentare a partire dal 24° giorno di gravidanza. E’ un ormone specifico per cui il suo rilevamento a livello ematico è indicativo di una gravidanza in atto al 100%. Infatti questo ormone non viene secreto in corso di pseudogravidanza.

Nella gestante vi sono inoltre una serie di modificazioni fisiologiche da non confondere con processi patologici.
SANGUE. Si riscontra una lieve forma di anemia soprattutto nella seconda metà della gravidanza e leucocitosi (più frequente nella cagna). Solo nella cagna c’è un aumento del colesterolo e delle proteine totali.
CUORE E VASI. Si ha un aumento della volemia, della gittata cardiaca del 40%, della frequenza respiratoria e del consumo di ossigeno del 20%.
ALTRI ORMONI. Nella cagna gravida o in diestro c’è una maggior resistenza all’insulina a causa degli alti livelli di progesterone. Infatti questo può favorire la comparsa di uno stato pre-diabetico.
ALTRE SOSTANZE. Nella cagna si registra inoltre un aumento della PCR (Proteina C Reattiva) e del fibrinogeno.
COMPORTAMENTO. Le variazioni comportamentali sono incostanti e molto soggettive, per cui non rientrano tra i criteri di diagnosi di una gravidanza.
Nel prossimo articolo raggiungeremo una nuova tappa del nostro percorso nel mondo della riproduzione: lo sviluppo fetale.
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Blocco Atrio Ventricolare

Come promesso nell’articolo precedente continuiamo a parlare delle bradiaritmie, in particolare dei blocchi atrio ventricolari.
Il blocco atrio ventricolare è una alterazione della conduzione dell’ impulso dal nodo senoatriale ai ventricoli. Si può classificare in tre forme, a seconda della gravità.
- Blocco atrioventricolare di I°
Il blocco atrioventricolare di I° è dato da un ritardo della conduzione dell’impulso elettrico dagli atri ai ventricoli che si manifesta come un prolungamento dell’intervallo PQ. Le caratteristiche elettrocardiografiche sono rappresentate da onde P con asse sinusale e normale frequenza di scarica condotte con intervallo PQ di durata aumentata (>130 msec nel cane e > 90 msec nel gatto).
Può presentarsi da solo o in associazione con il secondo grado.
Si osserva in corso di infiammazione o degenerazione del sistema di conduzione, in alcuni soggetti nelle fasi intermedie di cardiopatie croniche (rigurgito mitralico), iatrogeno (digitale, β-bloccante, calcioantagonista), nell’ iperkalemia e nell’ ipertono vagale. Raramente si tratta, se non per rimuovere la causa sottostante, ma è un ottimo campanello d’ allarme.
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-Blocco atrioventricolare di II°
Non si tratta più di un ritardo, ma alcuni impulsi sinusali non raggiungono i ventricoli e si fermano al nodo atrioventricolare, generando un’ alterazione del ritmo. Il blocco può andare da occasionali e rare onde P non condotte a molti episodi per tracciato. I blocchi atrioventricolari di II° possono essere classificati in relazione alle caratteristiche elettrocardiografiche in: tipo Wenckebach (Mobitz 1), tipo Mobitz (Mobitz 2), tipo 2:1 fisso, tipo avanzato. Il Il tipo I (Mobitz I o Wenckebach) vede un progressivo allungamento dell’ intervallo P-Q fino al bloco della trasmissione.
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Il tipo II (Mobitz II) è caratterizzato, invece, dall’ improvvisa scomparsa del complesso rapido senza alterazioni dell’ intervallo P-Q.
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Si parla di blocco di alto grado quando è alto il numero delle onde P non condotte.
Può anche essere fisiologico, funzionale (fibrillazione atriale) e allora prende il nome di conduzione decrementale. Comunque avvenga, l’ azione di rallentamento del nodo avviene per prerogative fisiologiche proprie di queste cellule che hanno una minor eccitabilità ed un periodo refrattario molto lungo. In alcuni casi il blocco atrioventricolare si associa a difetti della conduzione ventricolare con vari gradi di blocco di branca o fascicolare. Il secondo grado può essere dato da ipertono vagale (il nodo è ricco di fibre vagali), iatrogeno (digitale, α2-agonisti, atropina) o per degenerazione del tessuto di conduzione. Infine come abbiamo visto può essere funzionale o addirittura fisiologico (cucciolo 2-3 mesi nel sonno). Per quanto riguarda il trattamento, dopo un doveroso tentativo con atropina, rimane solo l’ impianto di uno stimolatore elettrico soprattutto nel blocco di alto grado, con grave debolezza o sincope.
-Blocco atrioventricolare di III° Nel caso del blocco AV di grado III, che viene anche chiamato blocco AV completo o totale dato il blocco totale della conduzione tra atri e ventricoli, il risultato è una dissociazione completa dell’eccitazione atriale e ventricolare. Atri e ventricoli battono separatamente e in modo indipendente, mentre la frequenza atriale è molto maggiore rispetto a quella ventricolare. Il nodo sinusale continua a depolarizzarsi alla sua caratteristica frequenza producendo onde P normali, mentre i ventricoli vengono depolarizzati da un pacemaker sussidiario, dal nodo atrioventricolare in giù, con una frequenza progressivamente più bassa e producendo dei QRS di morfologia diversa a seconda dell’ altezza del sito di scappamento. Le due frequenze saranno costanti ma diverse (P-P breve e R-R lungo) e non ci sarà alcuna relazione tra P e QRS.
I sintomi, quindi, vanno dalla facile affaticabilità alla sincope, spesso correlata all’ inizio del minimo sforzo fisico.
L’ unico trattamento indicato e realmente efficace è l’ applicazione di uno stimolatore elettrico.
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Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello
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Corpo Estraneo Corneale


Parleremo in questo articolo dei corpi estranei che possono colpire gli occhi dei nostri amici a quattro zampe, ed in particolare i corpi estranei corneali. Di solito sono di natura vegetale: ariste di graminacee, piccoli frammenti di foglie che possono introdursi sotto le palpebre o la terza palpebra e più raramente possono fissarsi alla cornea, arrecando danni di diversa entità.
I pazienti manifestano generalmente dolore acuto all’occhio. Per quanto riguarda i cani, è possibile che siano appena stati al parco, a correre attraverso i cespugli, e che siano tornati tenendo un occhio chiuso, con lacrimazione aumentata e tentando di strofinare l’occhio colpito. Nel caso dei gatti è più probabile che tornino a casa con un occhio chiuso e con grave spasmo palpebrale, insieme a scolo oculare, normalmente di natura sierosa all’inizio ma che diventa rapidamente purulento.                          
I cani da lavoro vengono spesso presentati con un corpo estraneo corneale.
L’ aspetto molto eterogeneo dei corpi estranei fa sì che anche le lesioni corneali siano molto diverse tra loro. Innanzitutto occorre differenziare corpi estranei superficiali (appoggiati sulla superficie della cornea), penetranti (che penetrano nella cornea )o perforanti (che attraversano la cornea in tutto il suo spessore).
Dal momento che il paziente ha solitamente dolore e la congiuntiva può essere molto rossa ed edematosa, può essere necessario sedare il paziente per poter meglio valutare il tipo di corpo estraneo e la lesione che ha provocato.
I corpi estranei superficiali sono i più facili da trattare, spesso è sufficiente un bastoncino di cotone sterile o un lavaggio con soluzione fisiologica, mentre i corpi estranei penetranti o perforanti sono più complessi, anche per quanto riguarda la terapia post-operatoria, dal momento che devono essere trattate sia l’ulcera profonda che l’uveite.
La prognosi per un corpo estraneo dipende dalla localizzazione nella cornea, da quanto tempo è presente e dalla natura del materiale.
Un piccolo seme localizzato nell’epitelio, che viene rimosso entro qualche ora e che viene trattato come ulcera semplice, dovrebbe guarire in pochi giorni, senza che si formi una cicatrizzazione significativa e presenta quindi una prognosi eccellente. Il corpo estraneo perforante, che è stato presente per parecchi giorni prima di essere sottoposto a visita dal veterinario e che comporti sia un’infezione sia una grave uveite, potrebbe avere una prognosi riservata rispetto al ripristino di una normale visione al momento dell’asportazione. Purtroppo, se il corpo estraneo non viene rimosso rapidamente e non si instaura subito una terapia aggressiva, i rischi di infezione e di glaucoma sono abbastanza elevati. La prognosi è ancora più riservata nel caso di corpi estranei penetranti.
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La Stenosi Subaortica nel Cane

Nel precedente articolo abbiamo trattato in generale i difetti cardiaci congeniti. In questo articolo prenderemo in considerazione la stenosi subaortica.
     
La stenosi subaortica è uno dei difetti cardiaci congeniti più comuni nel cane, soprattutto di taglia grande. E’ una malformazione della valvola aortica o del tratto di efflusso ventricolare sinistro caratterizzata da un nodulo, da una cresta o da un anello fibroso subito sotto i lembi valvolari aortici.
Si possono notare differenti gradi di stenosi ed alcuni pazienti sono asintomatici. Nei casi avanzati, l’ostruzione dell’efflusso è grave e determina un significativo sovraccarico di pressione della parte sinistra.
L’ostruzione determina un soffio sistolico d’eiezione, delle pulsazione ipocinetiche o normali ad insorgenza tardiva, una ipertrofia ventricolare sinistra significativa ed una dilatazione poststenotica dell’aorta ascendente e dell’arco aortico.
La perfusione coronarica può essere ridotta come risultato di una tensione intramiocardica elevata, con sclerosi ed ispessimento dei vasi sanguigni coronarici. Spesso questa tensione si associa ad una morte improvvisa.
Caratteristiche cliniche
La stenosi subaortica congenita si osserva molto spesso soprattutto nei cani di grossa taglia, quali Boxer, Il Levriero Irlandese, il Golden Retriever e il Pastore Tedesco.
I cuccioli sono generalmente asintomatici, ed identificati all’auscultazione per la presenza di un soffio cardiaco, meglio udito a livello del III-IV spazio intercostale, ma molte volte, ben udito anche a livello dell’emitorace destro.
La percezione dei polsi arteriosi è debole. Sotto sforzo una stenosi aortica grave determina una sincope.
La radiografia può mettere in evidenza la presenza la dilatazione post-stenotica dell’ aorta ascendente. Segni di cardiomegalia sinistra sono invece caratteristici delle fasi più avanzate.
All’elettrocardiogramma possono non esserci reperti di rilievo in corso di stenosi subaortica lievi; si possono invece individuare alterazioni riferibili a fenomeni ischemici ed aritmie correlate quando l’ipertrofia ventricolare sinistra è più marcata.
L’ecocardiografia è di fondamentale importanza per effettuare la diagnosi (tipo di stenosi e gravità) e per valutare la funzione ventricolare sinistra.
L’ecografia bidimensionale mette in evidenzia una ipertrofia del ventricolo sinistro, una ostruzione fibrosa sottovalvolare ed una dilatazione poststenotica dell’aorta.
Le indagini ecografiche con il metodo doppler consentono di individuare un rigurgito aortico.
 
Attualmente la gravità della stenosi subaortica viene stadiata grazie all’ausilio dei gradienti Doppler derivati, in particolare una stenosi subaortica viene definita:
1. lieve quando il gradiente di picco è inferiore od uguale ai 50 mmHg,
2. moderata quando è compreso tra i 50 e gli 80 mmHg,
3. grave quando è superiore agli 80 mmHg.
L’unica terapia possibile è di tipo medico (beta-bloccanti) e ha lo scopo di prevenire il rischio di morte improvvisa e ridurre l’occorrenza dei sintomi, quali sincope e intolleranza all’esercizio. Nei casi di insufficienza cardiaca sinistra è sempre indicata una terapia volta alla riduzione della congestione con diuretici e ACE inibitori.
Gli animali portatori di una stenosi aortica lieve o moderata è opportuno evitare che proliferino.
Nel prossimo articolo parleremo di un altro difetto congenito, la stenosi polmonare.

Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello 
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I Soffi Cardiaci nel Cane

I soffi derivano dal flusso ematico turbolento che insorge quando il flusso laminare del sangue viene interrotto da:
  • Alterazione della viscosità ematica ( anemia )
  • Diametro dei vasi ( diametro ristretto )
  • Quadri di flusso anomali dovuti a valvole insufficienti o comunicazioni anomale tra le camere cardiache.
I soffi vengono descritti in base all’intensità, alla frequenza, alla forma, al momento ( sistolici, diastolici o continui ) e alla durata.
I soffi si possono suddividere in patologici e non patologici.
I soffi innocenti ( nessuna anomalia anatomica nota) sono comuni negli animali giovani. Di solito sono soffi brevi, protosistolici, di basso grado, meglio udibili alla base sinistra del cuore. I soffi innocenti devono scomparire quando gli animali giovani diventano adulti.
Altri soffi non patologici sono quelli fisiologici, per esempio causati da un aumento della gittata cardiaca o da una diminuzione della viscosità del sangue in assenza di una patologia macroscopica. Come quelli innocenti, solitamente i soffi fisiologici sono di basso grado, protosistolici. Saranno presenti per tutta la durata dell’eziologia sottostante. Non rappresentano una cardiopatia.
                            
Quando è importante sottoporre un soffi a indagine diagnostica?
Non tutti i soffi sono patologici, pericolosi per la vita o dannosi alla salute dell’animale e non tutti devono essere sottoposti a un’indagine diagnostica tramite ECG, radiografie toraciche ed ecografie cardiache.
E’ importante effettuare la valutazione diagnostica di un soffio quando:
  • L’animale presenta segni clinici di cardiopatia come asciti, suoni polmonari aspri, tosse, ridotta tolleranza all’esercizio, mucose pallide o cianotiche.
  • L’animale presenta un soffio continuo o diastolico, ritmo di galoppo o deficit di polso.
  • Il soffio è progredito da quando lo si è udito l’ultima volta.
  • Il soffio è presente in una razza di cani soggetti a miocardiopatia dilatativa ( DCM ).
  • Il paziente è un cane di razza di piccola taglia con un soffio di grado III o più forte.
  • Il proprietario gradirebbe un approfondimento diagnostico.
  • Qualsiasi gatto con un soffio o un ritmo di galoppo.
I soffi innocenti non devono essere sottoposti a valutazione diagnostica di questo tipo. Se si percepisce un soffio breve, lieve, sistolico in un cane giovane, bisogna auscultare il torace accuratamente a ogni esame e va annotata la presenza o assenza del soffio.
L’intensità del soffio non determina sempre la gravità della cardiopatia. Tuttavia, se l’intensità del soffio aumenta nel tempo, il processo patologico probabilmente è progressivo.
Le razze di cani predisposte alla cardiomiopatia dilatativa devono essere sottoposte a ecocardiogramma.
I cani delle razze di piccola taglia con un soffio di grado III o maggiore devono effettuare un ecocardiogramma.
Gatti con soffi leggeri possono avere una cardiopatia significativa ( soprattutto miocardiopatia ipertrofica ).
Di conseguenza tutti i gatti con soffi devono essere sottoposti a ecocardiogramma. Le radiografie non sono uno strumento diagnostico sensibile nelle cardiopatie del gatto.

Articolo a cura della  Clinica Veterinaria Borgarello
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giovedì 19 giugno 2014

Invecchiamento Cerebrale nel Cane Anziano


“Sto invecchiando, perdo colpi”: a quanti è capitato di dirlo?. Molti non sanno però che anche il cane e il gatto, con l'avanzare dell'età, possono andare incontro a disordini degenerativi a livello cerebrale da cui derivano tutta una serie di cambiamenti prevalentemente sul piano comportamentale. L'età media dei nostri amici a quattro zampe, come quella dell'uomo, si è notevolmente allungata e questo ci mette di fronte a nuove problematiche, ignorate o poco trattate in passato.
I neuroni sono cellule destinate a “morire”, alcuni anche in giovane età, ma è soprattutto nella fase geriatrica che tale processo subisce un'inevitabile accelerazione. Il cervello può invecchiare per così dire “con successo” ovvero mettendo in atto tutta una serie di meccanismi naturali che ne limitano i deficit, garantendo una buona qualità di vita al soggetto. Quando, invece, l'invecchiamento cerebrale diviene patologico subentrano veri e propri disturbi comportamentali, cognitivi ed affettivi che possono rendere difficoltosa sia la vita dell'animale anziano che quella del proprietario, a cui spetta gestirlo.
Nel cane, specie in cui sono stati fatti maggiori studi, si parla di vera e propria disfunzione cognitiva dell'anziano. La memoria a breve termine (MBT) è quella più coinvolta poiché si ha una minor o alterata produzione di neurotrasmettitori ovvero dei messaggeri chimici deputati a passare le informazioni da un neurone all'altro. Queste modificazioni a livello cerebrale si traducono in pratica con un'alterata percezione dell'ambiente esterno, un deficit mnemonico e di apprendimento da parte dell'animale anziano.
L'invecchiamento cerebrale nel cane può manifestarsi in diversi modi: il proprietario potrebbe ad esempio osservare difficoltà da parte del cane nel riconoscere luoghi, persone o oggetti noti (perdita degli apprendimenti) oppure, più semplicemente, cambiamenti nelle abitudini eliminatorie con l'animale che inizia a “sporcare” in luoghi in cui non è consentito (eliminazioni inappropriate). Alcuni soggetti tendono poi a manifestare un iper-attaccamento al proprietario, non vogliono più essere lasciati da soli e, se succede, vocalizzano in maniera esasperante o distruggono tutto ciò che gli capita a portata di bocca (manifestazioni ansiose). Altri segni collegabili ad una disfunzione cognitiva sono alterazioni marcate dell'appetito, di solito aumenta la richiesta di cibo come se “non si ricordasse di aver appena mangiato” per poi passare a periodi di vera e propria anoressia. Un altro esempio tipico, poi, è un differente ritmo di veglia e sonno: molti animali tendono a dormire tutto il giorno e diventare molto nervosi ed iperattivi di notte.
 
La disfunzione cognitiva esiste anche nel gatto, sebbene non siano ancora stati chiariti i reali processi degenerativi a cui va incontro il cervello. Come nel cane, anche per i felini si hanno manifestazioni comportamentali anomale in particolare vocalizzazioni insistenti e apparentemente immotivate, soprattutto notturne, o la perdita delle consuete abitudini eliminatorie, con animali che iniziano a sporcare al di fuori della lettiera. In altri casi spesso il gatto riduce notevolmente il tempo dedicato alla “toelettatura” e questo diviene evidente osservandone il pelo il quale appare più opaco e molto annodato, soprattutto se lungo; a ciò si aggiunge, solitamente, un eccessivo allungamento degli artigli (unghie) che tendono addirittura a ripiegare su se stessi, talvolta piantandosi nella cute oltre ad apparire più friabili e sfilacciati. I gatti anziani fisiologicamente tendono a trascorrere la maggior parte del tempo dormendo: qualora, invece, tendano a manifestare momenti di grande agitazione, evidente stress o stato ansioso è possibile siano dovuti ad un fenomeno di invecchiamento cerebrale così come la tendenza ad essere meno socievoli e propensi alla manipolazione.
Di fronte ai problemi di disfunzione cognitiva, così come per altre patologie legate all'età, non bisogna rimanere inermi: è doveroso cercare di garantire comunque una buona qualità di vita al nostro amico a quattro zampe. Un importante primo passo è  prestare attenzione alle abitudini quotidiane del cane e del gatto poiché ogni cambiamento, se pur minimo, può divenire “campanello d'allarme” di qualcosa di serio. In un'ottica di prevenzione, mai esitare a rivolgersi al proprio veterinario di fiducia ogni qualvolta si noti qualche stranezza, perché esistono comunque dei modi per rallentare e controllare anche l'invecchiamento del cervello: controllo dell' alimentazione, uso di integratori che migliorano l'ossigenazione a livello cerebrale, esercizio fisico mirato, arricchimento dell'ambiente in cui il nostro animale vive sono infatti tutte valide armi per fargli affrontare una vecchiaia serena.

Articolo a cura della Clinica Veterinaria Dr.Borgarello

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mercoledì 11 giugno 2014

Patologie Cardiache nel Cane Anziano

Come nell’uomo, anche nel cane e nel gatto, l’invecchiamento è un processo naturale, lento, ma inesorabile.
E’ sempre opportuno in via preventiva sottoporre in età adulta il cane e il gatto a visita cardiologica.
Nel cane l’età a rischio inizia tra i 7 e i 10 anni a seconda della taglia, più precocemente per i cani di grossa taglia, più tardi nei cani di piccola taglia, mentre i gatti dovrebbero essere sottoposti a visita cardiologica già a partire dai sette anni di età.
I sintomi di invecchiamento cardiaco sono diversi per il cane e il gatto.
Nel cane l’intolleranza all’esercizio fisico è il primo sintomo e di solito non viene considerato come tale dal proprietario, difatti viene spesso attribuito dal proprietario un avanzare dell’età il comportamento del cane di fare corte passeggiate, di avere necessità di riposo più lungo dopo uno sforzo fisico, o ancora il fatto che non abbia più voglia di uscire come prima.
Un altro sintomo molto importante e frequente nel cane anziano è la tosse.
Quando il cane tossisce in vari momenti della giornata e della notte, o dopo un esercizio fisico, oppure dopo aver bevuto, è possibile che sia un problema cardiaco, anche avanzato.
Spesso la perdita di appetito e il dimagramento sono conseguenti a una sensazione generale di malessere, associati ai sintomi precedenti.
Le affezioni cardiorespiratorie nel gatto sono più subdole, in quanto già di per se è un animale che normalmente non ha attitudini a svolgere attività fisica tra le mura domestiche, e risulta quindi difficile stabilire una sua intolleranza all’esercizio fisico. Per quanto riguarda la tosse è un sintomo spesso legato a forme virali e/o batteriche o anche asma felina e non un sintomo associato a insufficienza cardiaca.
Spesso i gatti con problemi cardiaci manifestano magrezza o direttamente problemi respiratori, edema polmonare. I gatti sono più soggetti a ipertrofia cardiaca e di conseguenza a trombosi, con conseguenza paralisi degli arti posteriori ed anche anteriori.
Per accertare la natura dell’affezione cardiaca, la sua gravità, e quindi, la necessità di una terapia specifica, il veterinario dovrà effettuare oltre a una visita cardiologica accurata, alcune indagini specifiche quali l’elettrocardiogramma, l’ecocardiografia e le radiografie del torace.
Il paziente cardiopatico, a seconda della gravità del danno cardiaco, necessita di cure particolari. Oltre alla terapia farmacologica prescritta dal veterinario in base alla patologia cardiaca, esiste tutta una serie di accorgimenti che serviranno a rendere la vita del nostro paziente più lunga e piacevole.
Alimentazione: Il paziente cardiopatico non deve essere in sovrappeso od obeso. L’alimentazione deve essere costituita da cibi a basso contenuto di sodio per ridurre la ritenzione idrica e quindi la congestione del circolo con conseguente minor lavoro per il cuore. La riduzione del sodio nella dieta, attraverso alimenti preparati secchi o umidi, deve essere graduale e non improvvisa.
Attività fisica: in base alla gravità della patologia cardiaca, nelle prime fasi dell’insufficienza cardiaca può non comportare nessuna limitazione, fatta eccezione per l’attività agonistica. Nelle fasi più avanzate la durata dell’esercizio fisico e le condizioni climatiche richiedono attente valutazioni.
Controlli regolari: è buona norma cercare di arrivare al controllo successivo prima della comparsa dei segni di scompenso cardiaco. Per questo motivo, in base alla gravità della patologia e dell’età del vostro animale, il veterinario fisserà controlli che comprenderanno esami del sangue, elettrocardiogrammi, ecocardiografie e radiografie del torace ogni 3-6 12 mesi.

Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello

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Patologie Riproduttive nel Cane Anziano

Vi siete mai chiesti come mai già alla prima visita del vostro cucciolo o gattino tra i vari argomenti prettamente pediatrici venga affrontato il tema della sterilizzazione per le femmine e quello della castrazione per il maschio? Ebbene in questo articolo troverete la risposta, poiché tratteremo delle patologie dell’apparato genitale tipiche dei soggetti anziani e della possibilità di prevenirle sia in età pediatrica che adulta.
Nei soggetti anziani le patologie riproduttive passano spesso inosservate e vengono individuate dal proprietario quando si trovano ad uno stadio abbastanza avanzato. I segni di patologia riproduttiva infatti non sono sempre legati all’organo genitale in se, ma sono ricorrenti, soprattutto nelle femmine, anche sintomi legati al sistema urinario, digerente, endocrino. Per questo motivo a volte il proprietario sottovaluta questo tipo di problematica. Per agevolarvi in questo arduo compito verranno elencati una serie di segni importanti da considerare come campanello d’allarme per le patologie riproduttive.
CALO DELLE ATTITUDINI RIPRODUTTIVE: nella cagna e nella gatta non esiste una vera e propria menopausa, però si è notato che dopo i 7 anni d’età possono comparire una serie di disturbi che suggeriscono che al di là di questo limite è sconsigliabile farla riprodurre. Infatti oltre i 7 anni si può assistere ad un aumento dei parti distocici (difficoltosi, dove è necessario l’intervento del medico veterinario), aumento della percentuale di mortalità embrionale e perinatale, malformazioni congenite.
Anche nel maschio anziano si assiste ad un calo della capacità di fertilizzazione da parte degli spermatozoi che con l’avanzare dell’età diventano sempre più displasici. Questo può portare alla nascita di soggetti disvitali o malformati a causa dell’elevata probabilità di errore genetico. Nel cane anziano si può assistere inoltre ad un calo della libido dovuto a disfunzioni riproduttive o ad altre patologie come quelle cardiorespiratorie o altre patologie particolarmente debilitanti dove lo sforzo necessario perché avvenga l’atto sessuale non può essere raggiunto a causa della forma fisica notevolmente compromessa. Per questo motivo l’età massima di riproduzione nel cane maschio e nel gatto maschio deve essere intorno agli 8 anni. 

SCOLO VULVARE POST-CALORE: spesso nelle femmine intere, ed in particolare nella cagna, si può notare la presenza di uno scolo vulvare più o meno brunastro ed edema (ingrossamento) della vulva a distanza di circa due settimane dalla fine del calore. Questo segno deve essere sempre considerato come anomalo poiché può essere sintomo di patologie ovariche o uterine piuttosto importanti. Tra queste ricordiamo l’iperplasia endometriale cistica dove la mucosa uterina sotto influenza ormonale sviluppa delle cisti di circa 5 mm colme di un liquido sieroso che può infettarsi in seguito ad ingresso di batteri. Se questo avviene le cisti si rompono e il loro contenuto si riversa interamente all’interno dell’utero e l’infezione secondaria porta all’evoluzione in piometra ovvero accumulo di vero e proprio pus.

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Il pus di colore giallastro-rosato può fuoriuscire dalla rima vulvare solo se la cervice è aperta. Al contrario, non potendo essere drenato, continua ad accumularsi all’interno dell’utero che può raggiungere notevoli dimensioni fino a rompersi e provocare una peritonite a volte letale. Nei casi di piometra chiusa le tossine rilasciate dai batteri morti inducono aumento della sete, aumento della minzione, nonché febbre, vomito e abbattimento. In questi casi trattandosi di femmine anziane che non sono più in grado di riprodursi si consiglia l’ovarioisterectomia, ovvero l’asportazione di utero ed ovaie, dopo avere stabilizzato le condizioni generali con fluidoterapia, antibioticoterapia e antipiretici.
A volte anche le cisti ovariche o le neoplasie ovariche possono indurre scolo vulvare, ma più raramente. 

NEOFORMAZIONI MAMMARIE NELLA FEMMINA: nelle femmine anziane il 50% delle forme tumorali è costituito dalle neoplasie mammarie con una certa predisposizione di razza.

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Le neoformazioni mammarie possono essere benigne ma anche maligne. In quest’ultimo caso è importante intervenire chirurgicamente il prima possibile se non si evidenziano metastasi a livello polmonare (da valutare nel preoperatorio con una radiografia del torace). Per evitare l’insorgenza di tumori mammari in letteratura si suggerisce la sterilizzazione precoce, in età compresa tra i 6 e i 9 mesi. Infatti il potenziale preventivo della sterilizzazione sembra essere nullo se la chirurgia viene eseguita dopo i 2 anni di età. 

NEOFORMAZIONI PELVICHE O VULVARI: a volte è possibile notare la presenza di tumefazioni che sporgono dalla vulva o protrudono a livello prepubico come fossero ernie. Le neoplasie dei genitali esterni e dell’utero si presentano spesso così. Sono per la maggior parte leiomiomi ovvero tumori lisci e ovoidali protrudenti. La chirurgia è la terapia di elezione, dopo avere determinato i margini tumorali tramite TAC ed aver escluso la presenza di metastasi a livello polmonare. 

NEOFORMAZIONI TESTICOLARI: nel maschio non è sempre semplice riconoscere la presenza di tumori testicolari. I segni che possono aiutare a individuarli sono l’ipertrofia del testicolo colpito (dove è presennte la neoformazione) e l’atrofia o l’ipotrofia del testicolo controlaterale che subisce la carica ormonale. In corso di neoplasie testicolari si può riscontrare la presenza di endocrinopatie secondarie quali l’ipotiroidismo per inibizione estrogenica del TSH ipofisario e quindi dermatosi.

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In caso di sertolioma (tumore delle cellule del Sertloli) si può riscontrare la presenza della sindrome di femminilizzazione indotta da iperestrogenismo e caratterizzata da un calo della libido, tendenza ad attirare i maschi, ipetrofia delle mammelle ed ipoplasia del midollo osseo con conseguente anemia.
In questi casi la chirurgia è la terapia di elezione dopo aver appurato l’assenza di metastasi polmonari.
 

PRESENZA DI SANGUE NEL LIQUIDO SEMINALE
: questo segno si associa spesso alle patologie prostatiche. Sotto influenza ormonale (testosterone), la prostata va incontro ad un iperplasia benigna progressiva che può a lungo andare dare problemi urinari, del digerente, del locomotore. La soluzione è di tipo farmacologico e chirurgico con asportazione dei testicoli. 

DISFUNZIONI RIPRODUTTIVE DEL MASCHIO SECONDARIE AD ALTRE PATOLOGIE: le affezioni urinarie, quali cistiti, calcolosi etc spesso determinano una modificazione del pH urinario che è in grado di modificare a sua volta la qualità dello sperma. Risolvendo il problema urinario si risolve di conseguenza il problema genitale. A volte una flogosi dei deferenti per cause traumatiche, infettive o compressive possono indurre azoospermia (assenza di spermatozoi nello sperma). Inoltre dopo i 7 anni si assiste ad un naturale calo qualitativo dello sperma per cui è necessario evitare che un soggetto che superi tale età si accoppi.

ECCESSO DELLA LIBIDO NEL MASCHIO: può essere indotta da lesioni neurologiche a livello del pene, iperplasia prostatica, presenza di fecalomi che comprimono le vene pudende che provocano congestione dei corpi cavernosi del pene, infezioni alla vie urinarie, ipertestosteronemia da neoplasia (leydigoma).
Quando una femmina già avanti in età presenta disturbi digestivi o urinari di difficile interpretazione e qualche perdita vaginale, il tutto associato ad irregolarità del ciclo estrale, bisogna immediatamente procedere con indagini mediche accurate per evidenziare un’eventuale neoplasia ovarica o una patologia uterina.
Nel maschio anziano è buona norma sottoporre ad ecografia annuale la zona pelvica per indagare la prostata e la zona perineale per indagare lo stato dei testicoli. E’ inoltre importante non sottovalutare sintomi legati al sistema urinario, digerente e locomotore poiché spesso sono sentinella di patologie genitali importanti.
In conclusione possiamo dire che l’ovariectomia e la castrazione, praticati su soggetti molto giovani o sugli adulti non più adatti alla riproduzione, e i controlli medici periodici costituiscono un’eccellente misura di prevenzione nei confronti delle varie lesioni degenerative e neoplastiche che possono colpire l’apparato genitale.


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Fibrosi Miocardica nel Cane Anziano

La fibrosi miocardica è un effetto dell'invecchiamento sul miocardio.
La fibrosi non è la conseguenza di una necrosi, ma piuttosto la principale caratteristica della senescenza del cuore.
Il miocardio ha una doppia struttura: le fibrocellule contrattili occupano il 75 % del suo volume e forniscono l'energia meccanica ( è la pompa cardiaca ). Il tessuto interstiziale occupa il restante 25 % ed e' costituito da fibre collagene che hanno l'importantissimo compito di impedire la rottura del cuore durante la contrazione.
Questi due tessuti coesistono in un primo tempo in modo armonioso, il che provoca un'ipertrofia del muscolo cardiaco, non associata, però, ad alcuna modificazione del funzionamento del cuore. A un certo momento, il comparto non contrattile prende il sopravvento, il cuore si trova in una condizione di squilibrio, con un eccesso di fibre collagene, e si manifesta una scarsità relativa di tessuto contrattile. Il cuore diventa insufficiente.
Le cause che determinano la comparsa della fibrosi cardiaca sono rappresentate da:
- processo di invecchiamento: fibrosi di sostituzione
- ischemia: fibrosi di sostituzione
- aumento di livello di determinati ormoni, conseguente alla riduzione della gittata cardiaca ( catecolamine, angiotensina II, aldosterone ).
La principale conseguenza di questo incremento del collagene è rappresentata dalla perdita della compliance del miocardio. In risposta a questo calo, l'ipertrofia del miocardio si aggrava.
Rallentamento dei flussi di calcio, ipertrofia e fibrosi del cuore possono comportare conseguenze di due tipi sul piano clinico:
- comparsa di turbe del ritmo ( effetti aritmogeni dell' eterogeneità tissutale)
- progressiva evoluzione verso un'insufficienza cardiaca vera.
Lo stesso aumento di fibre collagene può interessare anche l'endocardio, che in questo modo perde la propria elasticità e contribuisce al calo di compliance generale dell'organo.

Articolo a cura della  Clinica Veterinaria Borgarello
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sabato 7 giugno 2014

Uso dei Farmaci in Gravidanza


In questo articolo tratteremo un argomento molto pratico ma molto utile ai fini dello studio di un protocollo terapeutico sicuro in una cagna o in una gatta gravida.
Forniremo di seguito un elenco dei farmaci sicuri in gravidanza ed un elenco dei farmaci da evitare assolutamente.


FARMACI SICURI IN GRAVIDANZA: -CEFALOSPORINE
-PENICILLINE
-AMOXICILLINA+AC.CLAVULANICO
-CLINDAMICINA
-ERITROMICINA
-PIRANTEL PAOMATO
-DIETILCARBAMAZINA
-FENBENDAZOLO
-IVERMECTINA
-MILBEMICINA OSSIMA
-PRAZIQUANTEL
In generale gli svermanti disponibili in commercio sono ritenuti SICURI.

FARMACI DA EVITARE ASSOLUTAMENTE IN GRAVIDANZA -AMINOGLICOSIDI
-TETRACICLINE
-SULFONAMIDI (per esempio Sulfadiazina argentica, Argonyl, Trisulfan etc)
-CLORAMFENICOLO
-FLUOROCHINOLONI (per esempio Valemas, Dicural, Baytril, Marbocyl etc….)
-METRONIDAZOLO (per esempio Stomorgyl, Spiroxan etc)
-GRISEOFULVINA (per esempio Fulcin etc)
-ITRACONAZOLO (per esempio Itrafungol)
-KETOCONAZOLO (per esempio Nizoral crema)
-GLUCOCORTICOIDI
-ENALAPRIL (per esempio Enalapril, Enacard, Prilenal etc)
-TEOFILLINA
-OMEPRAZOLO (per esempio Antra, etc)
-AC.ACETILSALICILICO (per esempio Aspirina etc)
-MISOPROSTOL (per esempio prostaglandine)
-DIETILSTILBESTROLO (per esempio Securgin etc)
-MITOTANE (per esempio Lysodren etc..)
-ORGANOFOSFORICI (per esempio Repelt collare)
-KETAMINA (per esempio Ketavet etc)
-DIAZEPAM (per esempio Valium etc)
-ACEPROMAZINA (per esempio Prequillan etc)
-BARBITURICI
-CHEMIOTERAPICI

Questa piccola guida viene fornita poiché i farmaci e i parafarmaci somministrati ad un soggetto gravido sono in grado di superare la barriera placentale e arrivare quindi ai feti. Questo dato ci pone di fronte al fatto che una femmina in stato di gravidanza deve essere considerata quasi come una specie a se e per questo motivo bisogna essere sempre consapevoli degli effetti farmacologici di ogni molecola che si utilizza.

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Terapia Laser nella Displasia dell' Anca


In questo articolo affronteremo l’argomento displasia dell’anca e laser terapia MLS.

La displasia dell’anca è un’anomalia dell’articolazione coxo-femorale che può colpire due popolazioni di animali: i pazienti di età compresa tra i 5 ed i 10 mesi ed i pazienti adulti affetti da artropatia degenerativa cronica (DJD, acronimo di Degenerative Joint Disease).

Nei pazienti giovani la patologia è caratterizzata dalla sublussazione o dalla lussazione completa della testa del femore, mentre in quelli più anziani da un’artropatia degenerativa di grado variabile da lieve a grave.



L’anamnesi ed i segni clinici dipendono dell’età del soggetto: i sintomi nei pazienti giovani includono la difficoltà ad alzarsi dopo il riposo, l’intolleranza all’esercizio, la zoppia intermittente o continua, il dolore durante la rotazione esterna e l’abduzione dell’articolazione dell’anca e lo scarso sviluppo della muscolatura pelvica. Nei cani giovani il dolore provocato dalla displasia dell’anca è legato all’erosione della cartilagine articolare, con conseguente esposizione delle terminazioni nervose dell’osso subcondrale, e dall’eccessiva trazione sui tessuti molli provocata dalla lassità dell’articolazione.



Nei cani adulti il quadro clinico è invece legato all’osteoartrosi, una degenerazione cartilaginea lenta e progressiva con produzione di osteofiti marginali e sclerosi subcondrale. Il sintomo principale è il dolore, che si manifesta maggiormente con l’uso della parte e che si allevia con il riposo. I sintomi clinici possono essere progressivi oppure insorgere improvvisamente in seguito ad un’attività fisica intensa durante la quale si sia verificata una lacerazione oppure una lesione di altro tipo a carico dei tessuti molli circostanti l’articolazione alterata. 

I segni attribuibili alla dolorabilità dell’articolazione sono rappresentati da difficoltà nel passaggio alla stazione (si alza a fatica e con lentezza), intolleranza all’esercizio (il soggetto preferisce sedersi piuttosto che camminare), zoppia monolaterale o, più frequentemente, bilaterale a caldo (dopo l’esercizio), atrofia della muscolatura pelvica (soprattutto dei muscoli della coscia) associata ad ipertrofia dei muscoli della spalla (determinata dallo spostamento anteriore del peso e dal maggior sforzo compiuto dagli arti anteriori), andatura ondeggiante, dolore e riduzione della possibilità di estensione dell’articolazione.



Il trattamento della displasia dell’anca può essere di tipo medico o chirurgico, e la scelta dipende dall’età del paziente, dal grado di disagio, dai rilievi all’esame obiettivo e radiografico e dalle aspettative del proprietario.

Un caso esemplificativo di successo della laser terapia MLS è quello di Teresa, una cagna anziana portata in clinica per problemi di deambulazione ed incontinenza urinaria notturna. Teresa, affetta da nocturia (urgenza di minzione che causa l’interruzione del sonno), pur essendo abituata a svegliare la proprietaria durante la notte per essere portata fuori, da qualche tempo aveva smesso di farlo ed urinava in casa.

La visita clinica ha evidenziato la presenza di dolore agli arti posteriori, e l’indagine radiografica ha consentito di formulare la diagnosi di grave artrosi sia all’anca sia al gomito con la presenza di osteofitosi ed eburneazione ossea. La diagnosi è stata di grave artrosi degenerativa a livello delle anche e dei gomiti.

Si è quindi deciso di sottoporre Teresa ad una terapia medica multimodale appositamente studiata, che comprendeva: l’analisi del regime alimentare, integrazione con vitamine e “condroprotettori” calibrati per Teresa, gestione del dolore e dell’infiammazione con FANS e laser terapia MLS.

In questo caso la laser terapia MLS è stata scelta per il duplice scopo di sfruttare i benefici per l’artrosi e per il controllo del dolore. L’apparecchio per la laser terapia MLS presente nella nostra struttura, MLS Multiwave locked system, consente di utilizzare due protocolli differenti, uno a punti ed uno a zona, e ci ha permesso di studiare per Teresa un protocollo che comprendeva sedute di laser terapia a giorni alterni per tre settimane.



Con grande soddisfazione della proprietaria, grazie alla terapia è aumentata la mobilità oggettiva di Teresa, ed il cane riesce nuovamente a trattenere l’urina per il tempo necessario a svegliarla per essere accompagnata fuori.

Alla luce di quanto esposto e degli ottimi risultati ottenuti riteniamo che la laser terapia MLS possa essere un valido aiuto nel trattamento della displasia dell’anca nel cane anziano.

Se vuoi approfondire l’argomento leggi tutti gli articoli già pubblicati sulla Displasia dell'Anca o sulla Laser Terapia 
Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello
Se ti servono maggiori informazioni e vuoi inviare una mail: info@clinicaborgarello.it
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