giovedì 20 novembre 2014

Leishmaniosi Sintomi Generali


Quando il cane si infetta con la Leishmania non sempre i sintomi si manifestano immediatamente dopo il contagio, tuttavia quando la malattia si manifesta avviene quasi esclusivamente nella forma generalizzata, detta anche «viscero-cutanea». Le forme ad esclusiva localizzazione cutanea sono rarissime ed anche in questi casi è stato possibile rinvenire i parassiti negli organi interni.
Risultano più colpiti i cani adulti, senza alcuna differenza di sesso, razza o lunghezza del pelo, in particolare quelli che vivono all'aperto. Il decorso è generalmente subacuto o cronico, solo in pochi casi casi, infatti, è possibile osservare una fase acuta con la comparsa di febbre. E' comunque frequente che possano esserci forme croniche che si acutizzano improvvisamente.
Nella forma tipica cronica il quadro sintomatologico risulta abbastanza complesso ed oltremodo vario. Dopo il periodo d’incubazione l’infezione oltre che manifestarsi con diversi segni segni clinici, anche gravi, può decorrere, anche in forma asintomatica, cioè in modo silente o quasi inapparente. Comunque bisogna tenere presente che non sempre ad un quadro clinico grave e conclamato corrisponde una parassitosi altrettanto grave, così come ad un quadro silente può corrispondere una grave parassitosi.
I segni della malattia, inizialmente possono essere estremamente generali, per poi divenire più gravi, caratterizzati soprattutto da manifestazioni cutanee e a carico delle mucose. Solitamente si manifesta un progressivo dimagrimento, una diminuzione dell' appetito, accompagnati a lesioni cutanee per lo più di tipo furfuraceo. In alcuni casi può essere segnalata epistassi così come poliuria e polidipsia, queste ultime indicative di un coinvolgimento renale.
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martedì 18 novembre 2014

Riproduttore

Quando si decide di far accoppiare due soggetti, è sempre meglio rivolgersi ad un medico veterinario, meglio ancora se specialista del settore. Infatti di un soggetto riproduttore dovranno essere valutati i seguenti punti:
-SEGNALAMENTO, cioè il suo identikit (razza ed età nello specifico)
-ESAME DELLE CONDIZIONI GENERALI
-ESAME PARTICOLARE DELL'APPARATO GENITALE
I due elementi fondamentali per l'identikit di un soggetto riproduttore sono la razza e l'età dell'animale. Vi sono infatti delle razze maggiormente predisposte a presentare patologie o anomalie genitali che si ripercuotono sulla fertilità dell'animale.
L'età è un altro fattore molto importante da considerare in quanto incide parecchio sulla qualità dell'attività riproduttiva. Infatti soggetti di età avanzata risultano più predisposti a patologie che possono comprometterne la fertilità. Nel maschio anziano per esempio ricorrono maggiormente le patologie prostatiche e testicolari, mentre nella femmina anziana ricordiamo la maggior insorgenza di endometriti e cisti ovariche, nonchè la maggior predisposizione a parti lunghi e difficoltosi dove spesso è necessario l'intervento del veterinario (parti distocici).
Inoltre si devono considerare anche una serie di patologie che pur non interessando direttamente la sfera riproduttiva possono comunque comprometterla. Per esempio le patologie articolari possono influenzare l'efficienza della monta nel maschio; invece le patologie endocrine e l'obesità possono alterare la libido sia nel maschio che nella femmina.
Dopo aver identificato il riproduttore, deve essere fatta un'anamnesi approfondita che comprende la storia clinica (profilassi vaccinale, malattie pregresse, eventuali interventi) e la storia riproduttiva (frequenza, durata e ciclicità dei calori, numero di accoppiamenti, parti ).
A questo punto si può procedere con la visita dell'animale in modo da accertarne il buono stato di salute ed escludere eventuali patologie che si potrebbero ripercuotere sulla sua fertlità. Inoltre i riproduttori di razze soggette a specifiche patologie devono essere testati per escludere la presenza di tali malattie prima di venire adibiti alla riproduzione. Per esempio per quanto riguarda le razze soggette a displasia dell'anca, sono richieste delle radiografie che attestino l'assenza della patologia nell'esemplare.

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Fattrice

Dopo aver visitato la nostra riproduttrice per accertarci del suo stato di salute generale, possiamo passare alla valutazione delle mammelle, degli organi genitali esterni e degli altri organi riproduttori interni.
Solitamente il primo organo da ispezionare è la mammella. Per poterlo fare è necessario che la femmina venga posta in decubito laterale (sdraiata su un lato) o in decubito dorsale (con il ventre rivolto verso l’alto). In questo modo è possibile eseguire la palpazione a due mani delle mammelle della stessa fila e sarà così possibile escludere la presenza di noduli mammari che potrebbe compromettere l’andamento di una futura lattazione.
Passiamo quindi alla palpazione dell’utero e della cervice attraverso la parete addominale. In questo modo possiamo valutare dimensioni, consistenza ed eventuale presenza di liquidi patologici o stato di gravidanza (non sempre rilevabili).
A questo punto procediamo con l’ispezione e con la palpazione della vulva (la parte esterna dei genitali).
Così possiamo individuare se l a femmina è in calore o meno, e se vi sono tracce di scolo vulvare che in normali condizioni di calore si deve presentare siero-emorragico più o meno chiaro. Se però il colore riscontrato è scuro, maleodorante e purulento indica la presenza di una patologia vaginale o uterina.
Nel caso in cui ci si proponga una paziente con difficoltà di accoppiamento o rifiuto del maschio, sarà indicato proseguire la visita con l’ispezione digitale della vagina. Tale esame permette di individuare la presenza di malformazioni, briglie o setti, neoformazioni o corpi estranei. Risulta più agevole l’utilizzo di un endoscopio.
Nelle razze toy e nelle gatte potrebbe essere utile l’impiego di un semplice otoscopio.
Al termine della visita fisica della nostra futura riproduttrice possiamo affidarci all’ausilio di metodiche di laboratorio per approfondire le nostre indagini.
La prima metodica consiste nello studio della morfologia delle cellule della mucosa vaginale prelevate tramite un tampone inumidito e trasferite su un vetrino pulito successivamente colorato. Si procede quindi con l’osservazione al microscopio.
Valutando la qualità della popolazione cellulare si possono:
- verificare la fase del calore in cui si trova la femmina in quel momento;
- confermare la fine del calore (diestro);
- analizzare la natura delle perdite vulvari;
- individuare i cosiddetti “calori silenti”;
- verificare la presenza di infezioni.
Un altro importantissimo ausilio diagnostico è il dosaggio del progesterone ematico, che permette di individuare il momento esatto dell’ovulazione: fase che segna l’inizio della recettività sessuale della femmina. Questo argomento verrà trattato approfonditamente nell'articolo sul monitoraggio del calore che pubblicheremo a breve.

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mercoledì 30 luglio 2014

Leishmaniosi canina: Profilassi Ambientale


L’habitat preferito dai flebotomi è rappresentato dalle anfrattuosità del terreno, dalle crepe dei muri e dalle superfici asciutte. L'ambiente deve essere piuttosto secco e senza vento.
Ovviamente queste sono condizioni presenti ovunque in Italia, per questo motivo le aree a rischio non sono facilmente delimitabili. L’impossibilità di individuare aree circoscritte sfocia nella difficoltà d’intervenire con mezzi di lotta chimica, perché dovrebbero essere sottoposte ad interventi insetticidi intere regioni, con l’alto rischio di provocare dissesti ecologici da inquinamento ambientale.
 
Quindi in città o nelle zone limitrofe l’unico intervento possibile di profilassi sanitaria è quello di mettere in atto misure igieniche generali, che impediscano la costituzione di nuovi focolai dove è possibile lo sviluppo dei flebotomi.
E' fondamentale evitare abitudini quali mantenere l'acqua stagnante in laghetti artificiali o nei sottovasi, lasciare raccolte statiche di immondizia (attenzione ai compost!) o mantenere erba o arbusti eccessivamente alti.
I due principali rimedi contro i flebotomi sono:
  • Le trappole: questi piccoli insetti, durante le ore notturne, sono attratti da sorgenti luminose deboli; se nelle vicinanze della cuccia si pongono piccole sorgenti di luce circondate da carta oleata, si creano delle trappole in cui i flebotomi rimangono prigionieri.
  • Insetticidi: sarebbe una buona regola sottoporre la cuccia a frequenti trattamenti insetticidi. Anche se in ambito profilattico hanno un’importanza fondamentale soprattutto le sostanze da applicare direttamente sul cane. Le migliori sostanze, in questo senso, si sono rivelati i piretroidi sintetici come la deltametrina e la permetrina, utilizzate in formulazioni spot-on, spray o come collari.
Queste misure profilattiche rappresentano certamente accorgimenti da prendere in seria considerazione, anche se, ovviamente, non possono garantire – in maniera assoluta – il cane dalla puntura dell’insetto vettore.
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Leishmaniosi canina: il Contagio


La via naturale del contagio della Leishmania, come abbiamo già detto, è rappresentata dall’inoculazione dei promastigoti da parte dei flebotomi durante un pasto di sangue, nella cute dei mammiferi ospiti.
Tuttavia non si possono escludere altre possibili vie di contagio, come quella dell’ingestione volontaria o accidentale, da parte del mammifero, dei flebotomi parassitati.
Altre vie di trasmissione diretta, sicuramente minoritarie, da rare a molto rare possono essere:
  • Trasmissione materno-fetale: più volte ipotizzata e generalmente ammessa nell’uomo nonostante siano stati segnalati pochi casi, appare più che probabile anche nel cane, benché non sia stato identificato l’esatto meccanismo con cui la trasmissione verticale si realizza. 
  • Trasmissione venerea: benché mai provata con certezza appare possibile, almeno quella tra cane maschio infetto sintomatico e femmina. Oltre a rinvenire gli amastigoti di Leishmania negli organi genitali interni (testicoli, epididimo) ed esterni (glande, prepuzio), è stata riscontrata una positività alla PCR nel seme in alcuni dei cani sintomatici testati.
Visto che nell’accoppiamento spesso si verificano traumi sia nel maschio che nella femmina, si realizza la possibilità di trasmissione di amastigoti dagli organi genitali esterni, oltre ai parassiti nel seme provenienti dagli organi genitali interni. Quindi nel cane la trasmissione venerea della leishmaniosi è probabile, anche considerando l’alto numero di cani infetti in aree in cui il flebotomo vettore è poco diffuso.
  • Trasmissione attraverso le trasfusioni di sangue: praticamente accertata sia nella specie umana che in quella canina.
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Leishmaniosi canina: Epidemiologia


La diffusione della Leishmaniosi, al pari di altre malattie trasmesse da artropodi, risulta influenzata da molti fattori, quali ambiente (densità dei flebotomi nelle aree endemiche, altitudine e caratteristiche geologiche del territorio), clima (temperatura, tasso di umidità), condizioni socio-sanitarie (malnutrizione, elevata concentrazione di animali infetti, randagismo) e mancanza di vaccini efficaci sia nell’uomo che nel cane.
diffusione leishmaniosi
L' Italia si trova in una posizione particolare per quanto riguarda l'Europa, è un territorio fortemente endemico per Leishmaniosi e soffre anche di numerosi casi di importazione di leishmanie esotiche. Le numerose segnalazioni degli ultimi anni di casi di leishmaniosi canina provenienti da aree tradizionalmente ritenute indenni, anche dell’Italia settentrionale, debbono portare alla conclusione che non esistono zone, comunemente abitate, che possano essere considerate completamente sicure. Infatti se fino al 1989 il Nord Italia era considerato praticamente indenne dalla leishmaniosi canina, oggi abbiamo dei focolai accertati in Veneto, Emilia Romagna e Piemonte ed altri probabili in Trentino e Lombardia.

In Piemonte sono state accertate 3 differenti aree in cui la leishmaniosi canina è endemica: Torino, Ivrea, Casale. In queste aree la colonizzazione può essere avvenuta spontaneamente dalle zone costiere, in seguito ai cambiamenti climatici, o dovuti agli aumentati movimenti di persone dalle aree mediterranee in cui abbondano i flebotomi.
In base ad analogie climatiche e caratteristiche ambientali si può anche prevedere che la diffusione della malattia s’estenderà nel prossimo futuro ad altre zone dell’Europa centrale.
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Leishmaniosi canina: la Trasmissione


La Leishmania è un parassita definito difasico che necessita cioè, per completare il suo ciclo di vita, di due ospiti. Un insetto vettore comunemente denominato “pappatacio” appartenente al gruppo dei Flebotomi che ospita la forma extracellulare flagellata detta promastigote, ed un mammifero (nel nostro caso il cane) in cui si sviluppa la forma intracellulare chiamata amastigote. 
     
Quando un flebotomo femmina si nutre di sangue, se è infetto inocula nel cane dei promastigoti attraverso la proboscide. I flebotomi eseguono i loro pasti di sangue pungendo i cani soprattutto nelle zone scarsamente ricoperte di pelo come testa, naso, padiglioni auricolari, zone inguinali e zone perianali. Una volta che il parassita viene iniettato nel derma dell’ospite vertebrato, viene immediatamente inglobato, tramite un processo di fagocitosi, dai macrofagi, che sono cellule del sangue. Il macrofago circonda il parassita formando un vacuolo chiamato fagosoma e cerca di ucciderlo attraverso le sue azioni di difesa aspecifica. La leishmania è però in grado di eludere le difese del macrofago riuscendo al contrario, non solo a sopravvivere, ma anche a moltiplicarsi all’interno. Il progredire o meno dell’infezione dipende appunto dall’efficienza della risposta immunitaria dell’ospite. I parassiti possono poi essere trasferiti ad altri flebotomi attraverso un pasto di sangue su un cane infetto. La trasmissione naturale della Leishmaniosi si verifica quindi solo in quelle aree dove sono presenti i vettori adatti, detti competenti. La sopravvivenza del parassita durante l’inverno viene assicurata dalla permanenza del medesimo nei cani infetti, dal momento che non è mai stata dimostrata la trasmissione transovarica nell’insetto vettore.
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Leishmaniosi canina: il Flebotomo


I promastigoti di Leishmania vengono trasmessi agli ospiti definitivi da piccoli insetti ematofagi appartenenti ai generi Sergentomya, Warileya, Brumptomyia, Lutzomyia e Phlebotomus. Solo quest ultimo è il responsabile della diffusione della malattia nelle zone endemiche del bacino del Mediterraneo, in particolar P. perniciosus, P. perfiliewi e P. major, sono i vettori di Leishmania infantum in Italia. Sono insetti classificati nel phylum Arthropoda, classe Insecta, ordine Diptera, sottordine Nematocera, famiglia Phlebotomidae.
 
I flebotomi morfologicamente sono caratterizzati da un corpo di colore giallo-pallido o giallo-ruggine, lungo circa 2-5 mm, coperto da lunghi e fitti peli; il torace e l’addome formano un angolo quasi retto (ciò li rende riconoscibili anche ad occhio nudo); la testa è allungata ed inserita sul collo in modo da formare un angolo di 45°; gli occhi sono voluminosi, di colore scuro, situati ai lati della testa e la proboscide è corta e diretta in basso. Le ali sono grandi, anch'esse pelose, di forma quasi ovale.
Mentre i maschi si nutrono di succhi vegetali, le femmine, benché sembra non siano ematofaghe, pungono la cute per nutrirsi di sostanze organiche degli ospiti, determinando irritazione, e per questo hanno strutture buccali atte a perforare la pelle. I flebotomi femmina del genere Phlebotomus sono quelli diffusi in Europa, il genere Lutzomya è caratteristico invece del Sud America. Questi pappataci sono presenti tutto l’anno principalmente nei paesi tropicali, o sono attivi durante i mesi caldi dell’anno, nei paesi a clima temperato. L’attività dei flebotomi adulti quindi va dalla primavera all'autunno inoltrato nel bacino del Mediterraneo e dura tutto l'anno in Sud America. Nell'arco della giornata si trovano principalmente all'alba, al tramonto e durante la notte, è stato registrato un picco di attività intorno alla mezzanotte. I flebotomi sono in attività quando la temperatura ambientale esterna è compresa tra i 15° e 28° C, ed è sempre associata ad elevata umidità relativa e assenza di pioggia e vento. I flebotomi possono volare su distanze variabili, dai 200 metri ai 2,5 km e tendono ad entrare nelle case durante la notte attratti dalla luce all'interno.
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Vaccino Leishmaniosi canina: Tollerabilità


La tollerabilità è un fattore di primaria importanza per qualsiasi vaccino. Durante lo sviluppo di CaniLeish è stato svolto un lavoro significativo per garantire che l’elevato livello di protezione che il vaccino fornisce sia anche associato a un buon profilo di tollerabilità.
Normalmente la virulenza residua o la tossicità conseguenti all’inoculo di un vaccino, sono causate dalla somministrazione di microrganismi inadeguatamente inattivati, oppure dall’incapacità dell’ospite immunosoppresso di contrastare la replicazione del microrganismo vaccinale. CaniLeish non è costituito né da parassiti “vivi modificati” né da parassiti “uccisi”, i parassiti Leishmania sono del tutto assenti nel vaccino. Ciò significa che non è presente alcun microrganismo potenzialmente virulento per il cane, sia che questo sia immunocompromesso oppure no, fornendo pertanto un significativo beneficio in termini di tollerabilità.
L’ unica reazione avversa associata a CaniLeish è un possibile gonfiore lieve e transitorio nel punto di inoculo; inoltre come conseguenza della normale risposta immunitaria alla vaccinazione è anche possibile osservare, raramente e in alcuni individui sensibili, ipertermia e malessere transitori.

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Protocollo vaccinazione Leishmaniosi


CaniLeish è indicato nei cani a partire dai sei mesi di età. Il primo ciclo di vaccinazione è costituito da tre iniezioni a distanza di tre settimane l’una dall’altra.
 
L’immunità cellulo – mediata adatta a contrastare la Leishmaniosi viene raggiunta quattro settimane dopo il completamento del ciclo primario. Successivamente per mantenere questa immunità è necessario un vaccino annuale. Quindi, poiché l’insorgenza dell’immunità sarà completata solo dopo 10 settimane dalla prima iniezione di CaniLeish, è importante evitare il contatto con i flebotomi durante questo intero periodo.
Per una protezione ottimale del vostro cane è  comunque necessario associare alla vaccinazione l’utilizzo di repellenti specifici contro i flebotomi.
Tra i prodotti specifici da utilizzare come repellenti per il flebotomo si trovano in commercio sia formulazioni spot on che come protector band.
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Il Vaccino contro la Leishmaniosi


Il vaccino contro la Leishmaniosi è finalmente arrivato in Italia: dopo 20 anni di ricerca l’arma in più che tutti stavamo aspettando.
     
La Leishmaniosi è una malattia parassitaria trasmessa dal flebotomo , un piccolo insetto simile alla zanzara. Il parassita colpisce il sistema immunitario e in particolare i macrofagi. L’esito dell’infezione e l’evoluzione della malattia sono strettamente connessi al tipo di risposta immunitaria che viene innescata dall’organismo.
L’unica risposta immunitaria in grado di contrastare la leishmaniosi ed impedire che si manifesti clinicamente è quella cellulo-mediata: il vaccino CaniLeish ha l’obiettivo di stimolare proprio questo tipo di immunità, in modo tale da rendere il sistema immunitario  del cane “pronto” a rispondere all’eventuale infezione.
La capacità di CaniLeish di stimolare la risposta immunitaria cellulare è stata dimostrata mediante numerosi test immunologici ed è stato dimostrato che il vaccino riduce di ben 4 volte il rischio di sviluppare la forma clinica della malattia in zone altamente endemiche.
La vaccinazione prevede la somministrazione di tre dosi per via sottocutanea: la prima dose può essere somministrata a partire dai 6 mesi di età. La seconda e la terza dose devono essere somministrate a tre settimane di intervallo ciascuna. Dopo questa serie di richiami sarà necessario solo un richiamo annuale.
Prima della vaccinazione è necessario verificare che il cane non sia già affetto da leishmaniosi o da altre malattie parassitarie (ad esempio Ehrlichia Canis) mediante un semplice test sierologico e un’attenta visita da parte del Medico Veterinario deve escludere la presenza di altre patologie sistemiche che coinvolgano il sistema immunitario del cane.
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Vaccino Leishmaniosi canina: requisiti


Prima della vaccinazione con CaniLeish è necessario svolgere degli esami preliminari sul cane. Bisogna innanzi tutto effettuare dei test per scongiurare che il cane sia già infettato dalla Leishmania, o da Ehrlichia, un altro parassita intracellulare. In caso di positività per una di queste due malattie non sarà possibile effettuare la vaccinazione.
      
Sarà inoltre opportuno fare un esame del sangue, un emocromo completo, per verificare che il cane sia sano; requisito fondamentale per effettuare la vaccinazione in sicurezza. Il protocollo prevaccinale prevede inoltre che venga effettuato un trattamento contro i parassiti intestinali. Dopo questi accertamenti, risolvibili in qualche giorno, sarà possibile procedere alla vaccinazione con CaniLeish.
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Leishmaniosi Canina: la svolta

La leishmaniosi è una malattia trasmessa da artropodi vettori (flebotomi), conosciuta da oltre un secolo e, ad oggi, rilevata in 88 paesi compresi quelli dell'Europa Mediterranea. La leishmaniosi  nel nostro continente è riferibile per  la maggior parte dei casi ad un protozoo, Leishmania infantum, il cui serbatoio domestico principale è il cane.       
La sua diffusione a livello globale, la complessità del meccanismo d'azione del protozoo, l'elevato tasso di mortalità nonché la sua pericolosità anche per l'uomo hanno fatto si che da oltre 25 anni ricercatori in tutto il mondo siano impegnati a studiare il modo di contenerla e combatterla.

Molto è già stato fatto, soprattutto in chiave diagnostica e terapeutica, ma il vero interrogativo che ci si pone è: a quando una vera prevenzione?.
La risposta oggi c'è ed è in arrivo, anche in Italia....
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giovedì 17 luglio 2014

Bradiaritmie nel Cane


Le bradiaritmie sono un gruppo di disturbi del ritmo che presentano frequenza di scarica ventricolare inferiore ai limiti della norma in cui vengono inclusi i disturbi dell’automatismo sinusale ed i disturbi della conduzione atrioventricolare.
Le più comune bradiaritmie in corso di emergenze cardiovascolari includono gli arresti sinusali isolati o associati alla sindrome del seno malato, i blocchi atrioventricolari di grado avanzato ( II, III) e il ritmo senoventricolare. Queste bradiaritmie sono caratterizzate, quando sintomatiche, da: sincopi, debolezza periodica o stabile, shock cardiogeno ipocontrattile.
BRADICARDIA SINUSALE La bradicardia sinusale è un ritmo con le caratteristiche tipiche del ritmo sinusale con una frequenza di scarica inferiore alla norma.
      
ARRESTO SINUSALE L’arresto sinusale è un disturbo dell’automatismo caratterizzato da un arresto temporaneo dell’attività del nodo del seno. Questo disturbo si evidenzia con a livello elettrocardiografico come una pausa improvvisa dopo un complesso sinusale.
 La durata della pausa è superiore al doppio della durata del ciclo sinusale di base.

SINDROME DEL SENO MALATO
La sindrome del seno malato è una patologia caratteristica dei soggetti di razza Bassotto, West Highland White Terrier e Schnauzer nano di sesso femminile e di età adulta/anziana.
Questa patologia è caratterizzata da bradicardia sinusale patologica ed arresti sinusali ripetuti.
      
La diagnosi differenziale è posta con la bradicardia sinusale, l’arresto sinusale o il blocco sinusale.
Una scarsa risposta al test con l’atropina suggerisce la presenza di una sindrome del seno malato.
La sindrome del seno malato porta a una riduzione della portata cardiaca con la comparsa di manifestazioni cliniche quali la debolezza marcata, gli episodi sincopali e le crisi convulsive.
Se l’animale è asintomatico non necessita la terapia.
Se si osservano dei segni clinici più importanti può essere attuata una terapia con l’atropina per via parenterale o con altri farmaci anticolinergici ( propantelina ). Il miglioramento clinico può essere ottenuto mediante l’impiego della teofillina.
Per il controllo a lungo termine della bradiaritmia è richiesto l’impianto di un pacemaker artificiale ventricolare.
La terapia per la  bradicardia,  quando necessaria, si basa sull’ uso di atropina alla dose di 20-40 μg/Kg q 30 minuti. Se il risultato è evidente (aumento della frequenza a 150 – 200 bpm) il nodo sinusale è normale e si tratta di contrastare un ipertono vagale.
Nel prossimo articolo finiremo di trattare le bradiaritmie con i blocchi atrioventricolari di I, II e III grado.
Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello.
 
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Malattie Cardiache Congenite nel Cane

Le malformazioni del cuore e dei grossi vasi rappresentano una percentuale relativamente modesta di casi di malattia cardiaca osservata nei piccoli animali. Nonostante ciò, i difetti cardiaci congeniti sono importanti da identificare nei cuccioli e nei gattini cosicché si possa intervenire con la correzione chirurgica e con palliativi, quando possibile, e si possa fornire una accurata prognosi per ogni singolo animale.
      
Nel cane i più comuni difetti cardiaci congeniti sono:
- Il dotto arterioso pervio
- La stenosi polmonare
- La stenosi aortica
- Il difetto del setto interventricolare
- La Tetralogia di Fallot
I difetti congeniti meno comuni includono la displasia della valvola mitrale, i difetti del setto interatriale, la displasia della valvola tricuspide, il cor triatriatum dexter e la stenosi della valvola mitrale.
Generalmente il veterinario identifica un difetto cardiaco congenito durante l’auscultazione di un soffio cardiaco. Anche soffi cardiaci di intensità da lieve a modesta possono essere associati ad una malformazione cardiaca. I soffi anche lievi che persistono oltre i 4 mesi di età possono essere associati a difetti cardiaci congeniti ed i pazienti colpiti devono essere segnalati per ulteriori indagini diagnostiche.  Altri aspetti clinici che possono sostenere l’ipotesi diagnostica includono l’accrescimento stentato, l’intolleranza all’esercizio, la cianosi, il collasso o la sincope, la distensione delle vene giugulari, la presenza di alcune alterazioni elettrocardiografiche e l’evidenza radiografica di un ingrandimento cardiaco.
L’identificazione del difetto anatomico nelle cardiopatie congenite si ottiene mediante l’ecocardiografia.
Le informazioni ottenute mediante l’esame ecocardiografico sono anche utili nel determinare la gravità del difetto con un esame eco-Doppler associato.
E’ stata dimostrata una predisposizione di razza per molti difetti cardiaci congeniti, vedi tabella sotto.
 
RAZZA MALATTIA
alano stenosi aortica, displasia mitralica, displasia tricuspide
barboncino dotto arterioso pervio
beagle stenosi polmonare
boxer stenosi aortica, difetto del setto interatriale
bull terrier displasia mitralica
bulldog inglese stenosi polmonare, difetto del setto interventricolare, tetralogia di Fallot, displasia mitralica
chihuahua stenosi polmonare, dotto arterioso pervio, displasia mitralica
cocker spaniel dotto arterioso pervio
collie dotto arterioso pervio
dobermann pinscher difetto del setto interatriale
fox terrier stenosi polmonare
golden retriever stenosi aortica, displasia tricuspide
labrador retriever displasia tricuspide
maltese dotto arterioso pervio
pastore tedesco displasia tricuspide, stenose aortica, displasia mitralica, dotto arterioso pervio
pointer tedesco stenosi aortica
rottweiler stenosi aortica
samoiedo stenosi polmonare, difetto del setto interatriale
schnauzer miniatura stenosi polmonare
terranova stenosi aortica
volpino dotto arterioso pervio
weimaraner displasia tricuspide
west highland white terrier stenosi polmonare
yorkshire terrier dotto arterioso pervio

Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello .

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Stenosi Polmonare nel Cane

Continuiamo a parlare di un altro importante e comune difetto cardiaco congenito, la stenosi polmonare.
La stenosi polmonare congenita è un difetto relativamente comune e molto spesso osservato nelle seguenti razze: Bulldog inglese, Boxer, Chihuahua, Beagle, il Mastiff, il Fox Terrier, il Samoiedo, lo Schnautzer nano, il Cocker Spaniel ed il West Highland White Terrier.
      
La lesione è determinata dalla displasia della valvola polmonare. Spesso i lembi valvolari sono ispessiti e parzialmente ed esiste una ipoplasia dell’anello valvolare e le valvole semilunari sono asimmetriche. L’ostruzione dell’efflusso ventricolare destro causa un sovraccarico di pressione a livello del ventricolo destro. Queste alterazioni possono causare una ipertrofia ventricolare destra e da una dilatazione poststenotica dell’arteria polmonare principale.
Caratteristiche cliniche
I cani affetti da stenosi polmonare possono essere asintomatici e sviluppare segni relativi ad una gittata cardiaca bassa, quali sincope e stanchezza e possono manifestare una insufficienza cardiaca congestizia destra.
La diagnosi normalmente avviene nei primi mesi–anni di vita, quando all’auscultazione viene rilevato un soffio sistolico con punto di massima intensità sul focolaio polmonare.
All’elettrocardiogramma possono non esserci reperti di rilievo quando l’ingrandimento dei settori cardiaci destri non è marcato; si possono invece individuare alterazioni riferibili ad ingrandimento destro, aritmie correlate con esso o con fenomeni ischemici quando l’ipertrofia o dilatazione ventricolare destra sono più marcate.
La radiografia toracica può mettere in evidenza la presenza di cardiomegalia destra, la dilatazione post-stenotica dell’ arteria polmonare principale e segni di ipoperfusione polmonare nei casi più gravi. L’ecocardiografia è di fondamentale importanza per effettuare la diagnosi (tipo di stenosi e gravità) e per valutare la funzione ventricolare destra.
I reperti ecocardiografici sempre evidenziabili in corso di stenosi polmonare sono:

1. una valvola polmonare iperecogena, con lembi parzialmente fusi tra loro e spesso con dilatazione post-stenotica nel caso di stenosi polmonare di tipo A; lembi ispessiti, ipomobili con ipoplasia dell’anulus nel caso di stenosi polmonare di tipo B;
2. un flusso polmonare turbolento ad elevata velocità,
3. un’ipertrofia concentrica del ventricolo destro di vario grado.
Una stenosi polmonare viene definita:
1. lieve quando il gradiente di picco polmonare è inferiore od uguale ai 50 mmHg,
2. moderata quando è compreso tra i 50 e gli 80 mmHg,
3. grave quando è superiore agli 80 mmHg.
Le possibilità terapeutiche in ambito veterinario si possono dividere in tre grandi gruppi:
1. terapia mini-invasiva (valvuloplastica, VPP),
2. terapia medica,
3. terapia chirurgica.
La valvuloplastica a palloncino è il trattamento indicato per prevenire o migliorare i segni clinici.
La valvuloplastica polmonare a palloncino comporta il gonfiaggio di un catetere da dilatazione a palloncino impegnato nell’anello polmonare a livello della stenosi.
 
La tecnica chirurgica resta invece un’opzione poco praticata alla luce delle frequenti complicazioni.
La terapia medica è da considerarsi solo palliativa, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei soggetti con stenosi polmonare non trattata.
A questo scopo è consigliato l’uso di beta-bloccanti che agiscono favorendo una migliore perfusione cardiaca e riducendo il rischio di morte improvvisa. Nei casi di insufficienza cardiaca destra è sempre indicata una terapia volta alla riduzione della congestione con diuretici e ACE inibitori.
I cani con stenosi polmonare lieve molto spesso vivono una vita assolutamente normale.
Una buona prognosi dipende da una precoce e accurata diagnosi.
Articolo a cura della  Clinica Veterinaria Borgarello.

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Displasia dell’Anca nel Cane: Duplice Osteotomia Pelvica

La duplice osteotomia pelvica per la correzione della displasia dell’anca nasce dal suo antesignano la triplice osteotomia pelvica, questa tecnica rispetto alla precedente presenta diversi vantaggi.
      
La duplice osteotomia pelvica è un intervento che mira a neutralizzare le forze che tendono a far lussare l’anca per l’inclinazione del bordo acetabolare dorsale mediante la rotazione di una parte del bacino.
Abbiamo già visto negli altri articoli come effettuare una diagnosi precoce di displasia, riprendiamo i punti salienti e poi vediamo la tecnica chirurgica.
-Età: dai 5 mesi in poi
-Angolo DAR: eccessivo maggiore di 10°
-AR: tra 25° e 40°
-AS: inferiore a 25°
-Bordo Acetabolare dorsale conservato
-Riempimento Acetabolare assente
-Sublussazione delle teste femorali senza artrosi
La presenza di questi rilievi consente di inserire il cucciolo in un protocollo che prevede la duplica osteotomia pelvica.
La tecnica chirurgica prevede due tagli (osteotomie) uno a livello del pube con accesso a livello dell’inguine e uno a livello dell’ileo con accesso dalla coscia.
L’osteotomia a livello iliaco deve avere una determinata angolazione che permetterà, con l’inserimento di una placca e la rotazione assiale del bacino.
La rotazione del bacino determinerà una maggiore copertura della testa del femore da parte dell’acetabolo e una riduzione dell’angolo DAR.
Esistono diversi tipi di placche per la chirurgia, prodotte da diverse case, ma la minor morbilità rispetto alla vecchia triplice osteotomia pelvica ha ridotto, secondo me, la differenza di resa dei diversi modelli.
Le placche inoltre possono avere inclinazioni diverse per determinare una maggiore o minore rotazione del bacino.
La scelta deve essere effettuata caso per caso considerando il paziente nel suo insieme a partire dall’angolo DAR rilevato.
Con questo intervento si ottiene una maggior copertura acetabolare della testa femorale riducendo così la tendenza alla sublussazione e a sviluppare la displasia.
La selezione del paziente riveste una notevole importanza come importante è la collaborazione del proprietario nel periodo post chirurgico.
La duplice osteotomia pelvica, se correttamente eseguita, garantisce una rapida ripresa del paziente, richiede un controllo del movimento per i 40 giorni successivi alla chirurgia. Delle belle passeggiate al guinzaglio garantiscono una buona ripresa e non stressano la sede dell’intervento.
Nei prossimi articoli approfondiremo vari aspetti di questo approccio chirurgico alla displasia dell’anca.
 
Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello.

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Eversione Cartilagine della Terza Palpebra



L’eversione della cartilagine della terza palpebra colpisce di solito i cani appartenenti a razze di taglia grande come Alani, san Bernardo, Weimaraner, Terranova, Bulldog. Questa patologia può riscontrarsi anche nei gatti, seppure raramente.
L’eversione può verificarsi unilateralmente, con la possibilità di coinvolgere in seguito entrambi gli occhi.
L’eziologia di questa patologia non è determinata da una sola causa ma si pensa sia data da più fattori: squilibrio della crescita tra la porzione anteriore e quella posteriore della terza palpebra, difetto insito nella cartilagine, o presenza di aderenze congiuntivali.
I segni clinici consistono nella presenza, a livello del canto mediale, di una deformazione rosacea, che può simulare la procidenza della terza palpebra, ma che ad un’attenta ispezione si dimostra essere la porzione della cartilagine ricurva su se stessa.
Si manifesta solitamente in animali di età inferiore ai 12 mesi ed è stata suggerita un’origine ereditaria genetica.
Se non viene trattata, la patologia determina un’infiammazione cronica della congiuntiva associata a scolo oculare.
Il trattamento della patologia è di tipo chirurgico e consiste nella resezione della porzione deformata della cartilagine.

Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello.
 
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martedì 1 luglio 2014

Il Cane Anziano

Ogni volta che si fa riferimento all'età anagrafica del proprio cane viene subito da pensare a quanto corrisponda in termini umani e, spesso, si parte col conto alla rovescia per capire quanto tempo ancora il proprio amico a quattro zampe resterà con noi. Capita frequentemente di sentire frasi del tipo: “Come vorrei che il mio cane vivesse più a lungo!” oppure “Non c'è niente che si può fare per farlo vivere di più?”. La risposta è sì..qualcosa si può fare!
L'aspettativa di vita dei nostri animali domestici negli ultimi anni è notevolmente aumentata grazie ai progressi della medicina veterinaria e, soprattutto, alla migliore capacità di gestione da parte del proprietario. Molti, infatti, hanno raggiunto una consapevolezza ed un livello di informazione tale da riuscire ad adattare le attenzioni quotidiane alla fase di vita del proprio cane: cucciolo, adulto, anziano. Un sondaggio recente, però, ha messo in evidenza che un terzo della popolazione statunitense non sa quando il proprio cane diventerà anziano. Questo significa che negli Stati Uniti milioni di famiglie non sanno quale sia il momento reale per iniziare a considerare e, quindi, a gestire il cane come un “anziano”. Sapere quando il proprio amico a quattro zampe entrerà a tutti gli effetti nella terza età è un aiuto fondamentale per il proprietario perché lo mette nelle condizioni di adattare lo stile di vita del cane al suo naturale invecchiamento. Talvolta basta semplicemente un cambio di alimentazione, variare l'esercizio fisico e, soprattutto, la frequenza delle visite mediche per assicurargli una vita lunga e sana.
Come regola generale un cane si considera anziano quando supera i sette anni di età. Agli estremi della media si trovano, da un lato, le razze grandi-giganti definibili vecchie dopo i 5 anni; dall'altro le razze piccole-toy, senior a partire dai 9 anni. Da ciò si può capire che non esiste una precisa linea di demarcazione tra l'età adulta e quella senile : ecco quindi l'utilità di imparare a cogliere piccoli “segnali” nel comportamento del nostro cane che rappresentano un vero e proprio campanello d'allarme di invecchiamento. Uno dei primi segni dell'avanzamento di età è la maggior tendenza all'affaticamento e la riluttanza al movimento. Spesso i proprietari sono convinti che questo sia un atteggiamento del tutto naturale, privo di complicanze. In realtà, frequentemente, nasconde patologie ossee particolarmente dolorose e debilitanti (osteoartrite) oppure problematiche cardiache piuttosto serie. Tutto questo è ovviamente dovuto all'età che avanza ma dev'essere diagnosticato in tempi brevi se le si vuole tenere sotto controllo e garantire al cane una qualità di vita dignitosa.
Un altro segno da non sottovalutare è la variazione di peso. E' pensiero diffuso che invecchiando un cane possa diventare obeso o, all'opposto, dimagrire semplicemente per età. L'aumento o la diminuzione del peso, in realtà, possono essere campanelli d'allarme di condizioni patologiche quali: disturbi alla bocca o ai denti, malattie endocrine ( diabete, ipotiroidismo, morbo di Cushing), patologie epatiche croniche, neoplasie. Quindi un controllo costante del peso aiuta anche a monitorare lo stato di salute.
E' inoltre importante fare attenzione a qualsiasi variazione nelle abitudini del nostro cane: un aumento o una diminuzione della sete, ad esempio, può essere sinonimo di patologie renali, endocrine, riproduttive
In alcuni casi il cane anziano sembra “cambiare carattere”. Si apparta, appare confuso, non risponde più ai comandi, è apatico, a volte emette delle strane vocalizzazioni. Attenzione a non sottovalutare questi segni poiché spesso sono indice di insorgenza di problemi di vista, mancanza di udito, demenza senile o altre patologie che, se riconosciute in tempo, possono essere affrontate con protocolli terapeutici adeguati.
Non dimentichiamoci infine delle volte in cui il nostro cane appare debole o spossato: esistono infatti forme infettive acquisite dovute proprio ad un indebolimento progressivo del sistema immunitario. Questo fattore comporta un aumento della sensibilità alle malattie virali e giustifica la vaccinazione annuale degli animali anziani fino alla fine della loro vita.
Quanto detto ci fa capire che, benché la senescenza sia una fase naturale della vita di un cane, può diventare problematica laddove non si agisce in termini di prevenzione. Un'alimentazione adeguata, un buon esercizio fisico, uno stile di vita consono e la diagnosi ed il trattamento precoce di alcune malattie possono garantire al nostro amico il dovuto benessere anche in tarda età e, talvolta, allungargli la vita.
Il modo più indicato per pianificare le sue nuove esigenze prevede l'aiuto del veterinario di fiducia, colui che da sempre è stato vicino al nostro pet e che ha condiviso con noi l'avventura di un cucciolo che è diventato adulto e che si prepara ad affrontare al meglio una tappa fondamentale della vita: la terza età.


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giovedì 26 giugno 2014

Patologie Oculari nel Cane Anziano

Oggi proseguiamo il discorso sulla terza età nel cane e nel gatto iniziando a parlare più nello specifico delle problematiche mediche legate all’invecchiamento. Anche in campo veterinario, così come in medicina umana, le patologie sono affrontabili da un punto di vista specialistico: iniziamo con il parlare di oftalmologia.
L'avanzare dell'età, tanto negli animali quanto nell'uomo, porta a cambiamenti a livello organico considerabili normali (fisiologici). Oltre ad essi esiste tutta una serie di patologie a cui cane e gatto possono andare più facilmente incontro in quanto “anziani”. Gli occhi, le palpebre e l'apparato lacrimale non fanno eccezione in questo processo di invecchiamento. Patologie oculari e problemi di vista sono situazioni frequenti nei cani e nei gatti anziani e, a volte, possono addirittura portare alla perdita completa della capacità visiva, influenzando sensibilmente sia le abitudini quotidiane del nostro animale che la gestione da parte del proprietario.
Esistono malattie oculari evidenti a tal punto da essere notate con facilità dai proprietari stessi che possono così rivolgersi al veterinario con una tempistica veloce rispetto all'insorgenza del problema. Altre volte, invece, i segni di patologia oculare risultano più subdoli e l’animale può arrivare alla cecità senza che il padrone se ne sia accorto. I cani e gatti, infatti, possiedono un'elevata capacità adattativa che li porta a sviluppare maggiormente gli altri sensi (olfatto e udito) per compensare il calo di vista: ecco spiegato il perché molti animali, se pur ciechi o ipovedenti, sono in grado di muoversi con assoluta disinvoltura nel proprio ambiente.
Per questo motivo è importante abituarsi ad osservare con attenzione il comportamento del proprio amico a quattro zampe, soprattutto quando invecchia, in maniera tale da poter cogliere ogni minimo campanello d'allarme di problematiche oculari. Un ottimo banco di prova è rappresentato dall'esterno o dagli ambienti nuovi: qui l'animale con problemi di vista tende a muoversi in maniera più guardinga, a manifestare disagio o,addirittura, ad andare contro ostacoli imprevisti. Occorre tenere presente inoltre che alcune patologie iniziano con una difficoltà di visione in particolari momenti della giornata: in questi casi si noterà, ad esempio, maggiore difficoltà nella visione durante il crepuscolo o di notte.
In altri casi le problematiche oculari sono una conseguenza di una patologia sistemica ovvero che colpisce tutto l'organismo. Un classico esempio è la cataratta diabetica, una patologia indubbiamente di interesse oculistico ma che deve essere affrontato anche e soprattutto da un punto di vista internistico. Per questo motivo il medico veterinario che si occupa di oftalmologia, soprattutto con pazienti anziani, non deve mai limitarsi alla semplice visita oculistica ma ha il dovere di eseguire anche una approfondita visita generale (dalla punta del naso alla punta della coda!), senza tralasciare indizi che possano ricondurre ad una malattia più generalizzata.
Molte sono le patologie che possono colpire le diverse strutture dell’occhio durante la terza età, elencheremo di seguito le principali e nei prossimi articoli, verranno trattate in maggior dettaglio:
  • Palpebre: neoformazioni, ectropion senile.
  • Cornea: cheratite superficiale cronica, cheratocongiuntivite secca.
  • Uvea: cisti iridee, neoplasie, uveiti, atrofia iridea.
  • Cristallino: cataratte, lussazione della lente, atrofia senile del cristallino.
  • Retina: atrofia progressiva della retina, emorragie retiniche, processi inifiammatori.
A cura della  Clinica Veterinaria Borgarello

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Urea e Creatinina


Oggi affrontiamo un nuovo capitolo riguardante gli esami biochimici: parleremo di urea e creatinina ovvero dei parametri di funzionalità renale.
I reni rappresentano, per dirla in maniera molto semplificata, gli organi deputati alla “raccolta differenziata” dell'organismo. A livello renale infatti, attraverso processi complessi, si ha l'eliminazione mediante urina delle sostanze di “scarto” del metabolismo (cataboliti) nonché il riassorbimento di quelle “riutilizzabili” (insulina, ormone della crescita, glucosio, elettroliti). Se questo non avviene in maniera corretta il risultato è una vera e propria “autointossicazione” dell'organismo che, nei casi più gravi, può portare a morte. Oltre a questa funzione “depurativa”, i reni giocano un ruolo importante nel regolare il volume dei fluidi circolanti e nella modulazione della pressione sanguigna. Infine a livello renale viene prodotta la cosiddetta eritropoietina, sostanza fondamentale per la produzione dei globuli rossi.
L' urea e la creatinina, abbiamo già detto, rappresentano i parametri mediante cui si può valutare la funzionalità renale; viste le fondamentali funzioni svolte dai reni, capiamo bene perché questi due “marker” rientrino praticamente in ogni esame biochimico, da quelli di base (ad esempio in corso di check up o controlli pre-operatori) a pannelli più complessi, sfruttati per diagnosticare la maggior parte delle patologie.
L' urea viene formata nel fegato a partire dall'ammoniaca in processi che rientrano nel metabolismo delle proteine pertanto la dieta influenza la sua quantità nell'organismo. Dal fegato, attraverso il circolo sanguigno, la maggior parte è liberamente filtrata ed eliminata dai reni. Qui il passaggio dal sangue ai tubuli ovvero nell'urina avviene in maniera passiva e bidirezionale: se aumenta il flusso d'urina, diminuisce la concentrazione di urea nel sangue.
L'aumento di urea a livello di circolo ematico viene definito azotemia ed è ciò che si va ad indagare con gli esami biochimici. Tale condizione, infatti, è associata a numerose patologie, da cui la schematica suddivisione in azotemia: pre-renale, renale e post-renale. Nel primo caso la causa è imputabile a malattie che determinano una diminuzione del flusso ematico a livello dei tubuli renali, quindi una minore eliminazione di urea. L'azotemia renale, invece, è legata a problemi di funzionalità intrinseca ai reni stessi; quella post-renale, infine, è solitamente causata da problemi ostruttivi a livello del tratto urinario.
La creatinina viene formata per la maggior parte a livello del fegato e trasportata al muscolo scheletrico dove diviene fosfocreatinina: rappresenta, infatti, la principale riserva energetica ad alto contenuto di fosfato nell'ambito del metabolismo muscolare. Essa diffonde nel sangue ad un tasso relativamente costante in proporzione alla massa muscolare e viene liberamente filtrata dai glomeruli renali. Il suo aumento nel circolo ematico, analogamente a quello dell'urea, è generalmente causato da patologie che alterano la filtrazione a livello glomerulare (pre-renali), da gravi patologie renali (renale) o da fenomeni ostruttivi che ostacolano l'emissione dell'urina (post-renale). La sua concentrazione non viene invece influenzata dalla velocità del flusso urinario né dai numerosi fattori metabolici che influenzano l'azotemia. Le indicazione sul suo utilizzo sono comunque analoghe a quelle dell'urea.
Nel prossimo articolo parleremo dei marker di funzionalità epatica. .
Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello
Se vuoi inviare una mail: info@clinicaborgarello.it

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Patologie Endocrine nel Cane Anziano

Continuiamo a parlare di invecchiamento nel cane e nel gatto affrontando una branca molto ampia della medicina interna che è l'endocrinologia.
Questa disciplina sia in campo umano che veterinario si occupa di studiare le ghiandole e le sostanze da loro prodotte: gli ORMONI, molecole che esercitano il loro effetto legandosi a dei recettori specifici nell'organismo.
Nel cane e nel gatto le patologie di natura endocrina possono avere diverse cause:
-produzione insufficiente di ormoni
-produzione eccessiva di ormoni
-sintesi difettosa degli ormoni
-resistenza all'azione degli ormoni
-anomalie nel trasporto degli ormoni
La diagnosi di queste patologie non è sempre facile in quanto non è possibile, a parte alcune eccezioni, eseguire un esame diretto delle ghiandole interessate.
Importantissimi per il veterinario risulteranno quindi:
-anamnesi ed esame clinico che permetteranno di “scovare” e individuare i quadri caratteristici di alcune patologie
-esami di laboratorio anche dinamici che permettono una volta formulata un'ipotesi diagnostica di confermarla e intraprendere una terapia specifica
-diagnostica per immagini che grazie a tecniche quali l'ecografia, la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica permette di visualizzare ghiandole che non possono essere esplorate direttamente.
Le patologie endocrine sono tipiche degli animali adulti-anziani ma alcune di esse possono colpire anche i giovani o essere presenti dalla nascita.
Alcune hanno una predisposizione di razza o di sesso, altre possono colpire indistintamente ogni animale.
Le patologie che nella pratica clinica giornaliera vengono riscontrate con maggiore frequenza sono:
-il DIABETE MELLITO sia nel cane che nel gatto, dovuto a una disfunzione del pancreas
-l'IPERTIROIDISMO nel gatto e l'IPOTIROIDISMO nel cane, dovuti a una disfunzione della ghiandola tiroide
-i TUMORI TESTICOLARI
Nell'ambito del nostro percorso sulla terza età dei nostri animali approfondiremo le patologie più frequenti cercando di fornire al proprietario degli spunti utili per notare i campanelli dall'allarme” che possono far sospettare una patologia endocrina.

Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello.

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Cura dei Denti nel Cane Anziano

La cura dei denti dei nostre amici a quattro zampe è cruciale per la loro salute generale; è importante occuparsene fin dai primi anni di vita e diventa fondamentale quando il nostro cane o gatto comincia a diventare anziano.
I problemi più comuni riguardano la formazione e l'accumulo di placca e tartaro. La saliva, le proteine, i batteri e le particelle di cibo si combinano e formano la placca. Questa tende ad aumentare se viene lasciata sui denti. I minerali contenuti nella saliva trasformano poi la placca in tartaro, un deposito duro e giallastro che si accumula attorno alle gengive. Il tartaro può irritare le gengive ed essere causa di gengiviti e stomatiti, che sono solo l'inizio del disturbo parodontale. Fenomeno che può facilmente sfociare in una vera e propria malattia del parodonto. Come dicevamo precedentemente questo disturbo può diventare una questione molto seria quando i nostri amici invecchiano. I batteri e le tossine aggrediscono il dente, l'osso, la gengiva e il tessuto connettivo attorno al dente, causando anche infezioni molto serie e in alcuni casi persino la caduta del dente.
Inoltre i batteri che causano l'infezione, se entrano in circolazione, possono anche diffondersi nei polmoni, nel fegato, nei reni e nel cuore, causando serie patologie sistemiche che possono compromettere irrimediabilmente la salute del nostro cane o gatto.
Non meno importante da segnalare è il fatto che le patologie del cavo orale e dei denti, sono molto dolorose; ciò provoca inevitabilmente una riluttanza all'alimentarsi e uno stato di malessere generale, che può manifestarsi con depressione, apatia e in alcuni casi aggressività.
I segni di un eventuale problema alla bocca possono essere individuati dal veterinario durante le visite generiche che vengono effettuate in occasione della vaccinazione annuale o durante i normali controlli di check up. Una prima ispezione può però essere effettuata dal proprietario, ecco alcune cose che vanno tenute d'occhio:
  • Depositi gialli e marroni sulle gengive
  • Difficoltà nel mangiare
  • Gengive gonfie e sanguinanti
  • Alito cattivo. I cani e i gatti possono avere un alito cattivo per varie ragioni, perciò non bisogna pensare che l'alito cattivo sia un sintomo trascurabile.
Per prendersi cura dei denti dei nostri amici è necessario mantenere una buona dieta e spazzolarli regolarmente. Usare lo spazzolino è più facile se si abitua il cane o il gatto quando è ancora un cucciolo, ma, soprattutto il cane, tende ad abituarsi al trattamento a qualunque età.
Non bisogna usare alcuna pasta dentifricia formulata per gli esseri umani, gli animali non amano la schiuma e può disturbare il loro stomaco. Esistono dentifrici pensati specificamente per loro. Sono più sicuri e il gusto che hanno piacerà molto di più al cane.
A seconda delle dimensioni dei denti e della bocca del cane potresti riuscire ad usare uno spazzolino normale. Vi sono comunque degli spazzolini speciali che sono più adatti alle tue dita e rendono l'operazione molto più semplice.
Si dovrebbero spazzolare i denti almeno una volta alla settimana, certo farlo tutti i giorni sarebbe l'ideale.
Come alternativa allo spazzolamento vi sono dei cibi, in formulazione secca, per cani e gatti, specificamente ideati per ridurre il tartaro e per evitare l'insorgere di malattie periodontali. O esistono degli snack definiti, pulisci denti, che sono un'alternativa divertente per agevolare l'eliminazione di placca e di residui di cibo.
Se però si è di fronte a una situazione ormai cronica, lo spazzolamento o l'alimentazione adatta possono non essere più sufficienti e diventa quindi fondamentale programmare una visita specialistica, nella quale vengono individuati i vari problemi dentali. Sarà in quel caso necessario effettuare una detartrasi in anestesia generale e in quella sede valutare la possibilità di estrazioni o cure dentali.
Mantenere i denti dei nostri animali in buone condizioni è fondamentale per la sua salute generale e per garantire loro una situazione di benessere soprattutto con il passare degli anni.

Continua a seguirci o se hai necessità di maggiori informazioni contattaci sul sito www.clinicaborgarello.it

lunedì 23 giugno 2014

Proiezione DAR: Displasia dell’Anca nel Cane

Passiamo ora a parlare di un indagine radiografica considerata avanzata: la proiezione DAR. Questa proiezione fornisce moltissime informazioni e va effettuata per valutare attentamente soggetti con predisposizione a forme evolutive di displasia e/o per valutare il trattamento più indicato da intraprendere in caso di displasia.
Vediamo in cosa consiste: è una radiografia in cui il cane viene posizionato in modo che i raggi colpiscono il bacino longitudinalmente in modo da mettere in evidenza il bordo acetabolare dorsale.
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Questa è la parte dell’acetabolo in cui si appoggia la testa del femore quando il cane è in piedi o cammina. Cerchiamo ora di capire come si misura e cosa significa l’angolo DAR.
Con questo studio otteniamo un numero che indica l’angolo DAR. L’inclinazione del DAR si calcola tracciando la tangente all’acetabolo nel punto di contatto più laterale con la testa del femore e misurando l’angolo che si forma con il piano orizzontale.
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Radiografie di un soggetto normale. Le fraccie in rosso indicano come viene effetuata la misura del DAR.
I valori ottenuti possono indicare una situazione normale con un DAR minore di 7,5° e un margine laterale netto, vanno invece considerati patologici gradi maggiori di 7,5°. Gradi molto maggiori (15 – 30°) con margini laterali arrotondati e/o erosi sono da considerare gravemente patologici.
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In queste immagini si può vedere una situazione grave in cui il DAR di sinistra è completamente eroso, mentre quello di destra presenta un angolo DAR molto elevato
L’angolo DAR indica la tendenza a far scivolare verso l’esterno la testa del femore: più alto è l’angolo maggiore sarà la tendenza a far scivolare verso l’esterno la testa del femore. Aumenter quindi la spinta alla sublussazione con aumento della lassità articolare e precoce erosione del margine laterale .
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Queste due radiografie mostrano un paziente con le anche entrambe sub-lussate e margini acetabolari dorsali completamente appiattiti: situazione estremamente grave.
I dati forniti da questo studio, associati ai dati rilevati dalle indagini standard, consentono di emettere una corretta prognosi e di scegliere l’intervento più indicato.
L’esecuzione di questo studio radiografico richiede oltre all’esperienza dell’operatore una tecnica radiografica ineccepibile: negli ultimi anni con l’avvento della radiologia digitale la lettura di questi radiogrammi è migliorata di molto.
 
Articolo a cura della, Clinica Veterinaria Borgarello
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L’organismo della Cagna in Gravidanza

Durante la gravidanza l’organismo materno subisce dei cambiamenti dovuti alla presenza di nuove vite che si sviluppano e crescono con esigenze particolari.

Le prime modificazioni che si verificano sono quelle di tipo ormonale.
PROGESTERONE. E’ un ormone importantissimo per il mantenimento della gravidanza, e la sua produzione nella cagna è compito esclusivo dell’ovaio, mentre nella gatta alcuni autori ipotizzano venga prodotto anche dalla placenta ma solo in piccolissime quantità. La sintesi del progesterone da parte del corpo luteo (ciò che resta del follicolo dopo il rilascio dell’ovulo) è stimolata da altri due ormoni: LH e prolattina al secondo mese di gravidanza.
Con il progredire della gestazione si ha un aumento del tasso di progesterone che diminuisce gradualmente in prossimità del parto.
ESTROGENI. Sono molto bassi nella prima metà della gravidanza, mentre aumentano a fine gestazione dove determinano uno sviluppo del tessuto mammario.         
PROLATTINA. Questo ormone sembra essere alla base del comportamento materno come la costruzione del nido ed è anche coinvolto nel meccanismo della lattazione. La sua concentrazione aumenta gradualmente nell’ultimo periodo di gravidanza e in particolare si registrano due picchi: uno poco prima del parto e uno durante l’allattamento dei piccoli.
RELAXINA. Questo ormone viene secreto dall’unità feto-placentare a partire dal 24° giorno di gravidanza. E’ un ormone specifico per cui il suo rilevamento a livello ematico è indicativo di una gravidanza in atto al 100%. Infatti questo ormone non viene secreto in corso di pseudogravidanza.

Nella gestante vi sono inoltre una serie di modificazioni fisiologiche da non confondere con processi patologici.
SANGUE. Si riscontra una lieve forma di anemia soprattutto nella seconda metà della gravidanza e leucocitosi (più frequente nella cagna). Solo nella cagna c’è un aumento del colesterolo e delle proteine totali.
CUORE E VASI. Si ha un aumento della volemia, della gittata cardiaca del 40%, della frequenza respiratoria e del consumo di ossigeno del 20%.
ALTRI ORMONI. Nella cagna gravida o in diestro c’è una maggior resistenza all’insulina a causa degli alti livelli di progesterone. Infatti questo può favorire la comparsa di uno stato pre-diabetico.
ALTRE SOSTANZE. Nella cagna si registra inoltre un aumento della PCR (Proteina C Reattiva) e del fibrinogeno.
COMPORTAMENTO. Le variazioni comportamentali sono incostanti e molto soggettive, per cui non rientrano tra i criteri di diagnosi di una gravidanza.
Nel prossimo articolo raggiungeremo una nuova tappa del nostro percorso nel mondo della riproduzione: lo sviluppo fetale.
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Blocco Atrio Ventricolare

Come promesso nell’articolo precedente continuiamo a parlare delle bradiaritmie, in particolare dei blocchi atrio ventricolari.
Il blocco atrio ventricolare è una alterazione della conduzione dell’ impulso dal nodo senoatriale ai ventricoli. Si può classificare in tre forme, a seconda della gravità.
- Blocco atrioventricolare di I°
Il blocco atrioventricolare di I° è dato da un ritardo della conduzione dell’impulso elettrico dagli atri ai ventricoli che si manifesta come un prolungamento dell’intervallo PQ. Le caratteristiche elettrocardiografiche sono rappresentate da onde P con asse sinusale e normale frequenza di scarica condotte con intervallo PQ di durata aumentata (>130 msec nel cane e > 90 msec nel gatto).
Può presentarsi da solo o in associazione con il secondo grado.
Si osserva in corso di infiammazione o degenerazione del sistema di conduzione, in alcuni soggetti nelle fasi intermedie di cardiopatie croniche (rigurgito mitralico), iatrogeno (digitale, β-bloccante, calcioantagonista), nell’ iperkalemia e nell’ ipertono vagale. Raramente si tratta, se non per rimuovere la causa sottostante, ma è un ottimo campanello d’ allarme.
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-Blocco atrioventricolare di II°
Non si tratta più di un ritardo, ma alcuni impulsi sinusali non raggiungono i ventricoli e si fermano al nodo atrioventricolare, generando un’ alterazione del ritmo. Il blocco può andare da occasionali e rare onde P non condotte a molti episodi per tracciato. I blocchi atrioventricolari di II° possono essere classificati in relazione alle caratteristiche elettrocardiografiche in: tipo Wenckebach (Mobitz 1), tipo Mobitz (Mobitz 2), tipo 2:1 fisso, tipo avanzato. Il Il tipo I (Mobitz I o Wenckebach) vede un progressivo allungamento dell’ intervallo P-Q fino al bloco della trasmissione.
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Il tipo II (Mobitz II) è caratterizzato, invece, dall’ improvvisa scomparsa del complesso rapido senza alterazioni dell’ intervallo P-Q.
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Si parla di blocco di alto grado quando è alto il numero delle onde P non condotte.
Può anche essere fisiologico, funzionale (fibrillazione atriale) e allora prende il nome di conduzione decrementale. Comunque avvenga, l’ azione di rallentamento del nodo avviene per prerogative fisiologiche proprie di queste cellule che hanno una minor eccitabilità ed un periodo refrattario molto lungo. In alcuni casi il blocco atrioventricolare si associa a difetti della conduzione ventricolare con vari gradi di blocco di branca o fascicolare. Il secondo grado può essere dato da ipertono vagale (il nodo è ricco di fibre vagali), iatrogeno (digitale, α2-agonisti, atropina) o per degenerazione del tessuto di conduzione. Infine come abbiamo visto può essere funzionale o addirittura fisiologico (cucciolo 2-3 mesi nel sonno). Per quanto riguarda il trattamento, dopo un doveroso tentativo con atropina, rimane solo l’ impianto di uno stimolatore elettrico soprattutto nel blocco di alto grado, con grave debolezza o sincope.
-Blocco atrioventricolare di III° Nel caso del blocco AV di grado III, che viene anche chiamato blocco AV completo o totale dato il blocco totale della conduzione tra atri e ventricoli, il risultato è una dissociazione completa dell’eccitazione atriale e ventricolare. Atri e ventricoli battono separatamente e in modo indipendente, mentre la frequenza atriale è molto maggiore rispetto a quella ventricolare. Il nodo sinusale continua a depolarizzarsi alla sua caratteristica frequenza producendo onde P normali, mentre i ventricoli vengono depolarizzati da un pacemaker sussidiario, dal nodo atrioventricolare in giù, con una frequenza progressivamente più bassa e producendo dei QRS di morfologia diversa a seconda dell’ altezza del sito di scappamento. Le due frequenze saranno costanti ma diverse (P-P breve e R-R lungo) e non ci sarà alcuna relazione tra P e QRS.
I sintomi, quindi, vanno dalla facile affaticabilità alla sincope, spesso correlata all’ inizio del minimo sforzo fisico.
L’ unico trattamento indicato e realmente efficace è l’ applicazione di uno stimolatore elettrico.
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Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello
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